Tanto rumore in cambio di pochi spiccioli

Tanto rumore (pubblicità di successo) in cambio di pochi spiccioli (ma che vende questa bella pubblicità?)

Ecco perché uno degli spot più memorabili della storia della tv italiana è stato in realtà un vero disastro, e come puoi evitare di fare lo stesso errore.

Molti anni fa una importante agenzia di advertising realizzò una pubblicità per una grande azienda italiana, e questo spot raggiunse un successo inaspettato.

Un successo così grande che a distanza di 16 anni (esatto, SE-DI-CI ANNI) ancora te la ricordi.

Sei curioso di sapere qual è? Più avanti te la mostro, tranquillo.

Questo potrebbe essere il sogno di ogni agenzia pubblicitaria penserai. E il sogno di ogni azienda, penserai è: “Uno spot memorabile”

Cosa è successo invece?

Invece è successo che lo spot divento così popolare, quella pubblicità diventò così “virale”, come direbbero i creativi di oggi, che…la grande azienda italiana che l’aveva commissionato sembra che non fece i complimenti(eufemismo) a chi l’aveva ideato.

E per quale motivo, ti chiederai?

In realtà te l’ho appena detto.

La pubblicità ha avuto un colossale successo. Il prodotto no. 

O forse è meglio dire…NI.

Perché quando una pubblicità ha un grande successo, inevitabilmente i picchi di attenzione verso il brand aumentano (per questo non è sempre del tutto vero che “la gente ricorda la pubblicità ma non il marchio”).

BUONASEEERA

Ma io che sono brutto e cattivo e faccio pubblicità che vende, e che quindi mostra all’imprenditore come si fa a moltiplicare i soldi che ha investito in advertising, ho sempre un occhio verso il guadagno che il mio cliente deve avere.

Qui ho valide ragioni di credere che guadagno non ce n’è stato, e ora ti spiego perché.

Tutti parlavano della pubblicità, di quanto fosse simpatica, di come fosse fatta bene, “un’idea geniale”, di quanto facesse ridere.

Il vero problema era che nessuno si ricordava che cosa pubblicizzasse quello spot. Nessuno ricordava né il prodotto, né il marchio.

Dici che ti sembra strano? È impossibile che possa accadere una cosa del genere secondo te? Ok, facciamo un esperimento. Guarda il video della pubblicità e poi dimmi…ricordavi lo spot? Ma soprattutto, ricordi ciò che avrebbe dovuto vendere?

Ok, guarda lo spot e vediamo se te lo ricordi dai!

Il motivo è che quello spot non pubblicizzava altro che la creatività di chi l’aveva creato.

“Hai visto quella pubblicità? Stupenda, mi ha fatto davvero ammazzare dalle risate … Come dici? Di chi è la pubblicità? Beh, era di …. Aspetta, non lo ricordo …”

Quante volte ti sarà capitato di avere questo tipo di dialogo con qualcuno? Con quante pubblicità comuni, di quelle che vedi sui cartelloni o in tv puoi dire così?

Ti è mai capitato di vedere spot pubblicitari che fossero vere e proprie storie, girate benissimo, con budget milionari, per poi soffermarti sulla bellezza dell’attrice o sull’emozione della storia, senza però ricordarti a cosa fosse legata tutta quella bella storia?

Questo accade molte volte, e ti confesso che anche gli imprenditori di maggiore calibro, spesso non capiscono il senso di quello che stanno approvando, ma …

“abbiamo preso l’agenzia migliore che c’era in giro, ci costa un occhio della testa, loro sanno cosa è meglio fare”.

E si fidano bevendosi tutte le storielle che gli raccontano intorno per fargliela andare giù.

In realtà molto spesso da questo meccanismo escono i peggiori casi di pubblicità super costose e inefficaci.

Per inciso: se davvero vuoi sapere cosa pubblicizzasse lo spot incriminato, lo puoi vedere qui.

Qual è stato l’errore principale di quel commercial?

Spesso dico che “bisogna stare lontani dalla creatività fine a sè stessa. Siamo venditori, non siamo artisti”.

Il problema qui non è stato l’eccesso di creatività in sè, o l’efficacia dello spot che come abbiamo visto, ha avuto la capacità di raggiungere e infilarsi nelle menti di milioni e milioni di italiani, diventando un cult assoluto.

In una ricerca del Sole 24 Ore si affermò all’epoca che “il successo della campagna pubblicitaria, oltre a generare un elevato livello di ritorno sulla promozione delle vetture (…) ha avuto effetti molto positivi anche sulla notorietà della marca Fiat.”

L’impressione che si ha leggendo quell’ articolo di giornale è che se al posto di un giornalista o di uno studio di ricerche esso fosse stato scritto da un referente dell’agenzia pubblicitaria (o addirittura della Fiat stessa) che cerca di mettere le pezze a quella che era, il testo non sarebbe stato molto differente.

Il presidente dell’ADC europeo Franco Moretti in un’intervista del 2006 disse:

Andando ad analizzare più a fondo la questione, scopriamo che la realtà è ben diversa.

Ancora una volta le dichiarazioni di Franco Moretti sembrano rilasciate con il solo fine di difendere ad oltranza la “creatività fine a sè stessa”.

“I risultati di vendite, nei casi di promozioni finanziarie sull’acquisto d’autoveicoli, vengono sensibilmente modificati dalla “convenienza” delle offerte finanziarie stesse. A cosa serviva quindi la pubblicità? Serviva proprio ad invitare a prendere in esame, quelle offerte, a portare cioè potenziali clienti in concessionaria. Su questo, il miglior dato ufficiale è quello che ci fu riferito dai responsabili vendite Fiat: nel periodo di on-air della campagna le visite ai concessionari subirono un nettissimo incremento.”

Nelle parole di Moretti manca una true reason why.

Se è così, perché non riportare i dati in modo preciso e concreti?

Se l’obiettivo di Fiat era aumentare la awareness, allora i loro risultati a quanto dicono sono stati leggendari, da primato.

Se l’obiettivo era di fare lead generation e promuovere un’offerta vantaggiosa, non credo che Fiat lo abbia raggiunto.

Ora, se da una parte è vero che il Sole 24 Ore è un giornale di finanza che si occupa di analizzare numeri e intervistare i grandi nomi, e che quindi non sta a loro, e non è detto ne abbiano capacità, di fare un’analisi sul marketing efficace o meno, si può con certezza dire che spesso e volentieri i numeri si possono interpretare a proprio piacimento, a seconda di come vengono presentati.

Ho letto in giro per il web che il fatto che sia stata una campagna che non ha venduto sia una bufala, inventata da chissà chi. De facto non sono riuscito a trovare dati definitivi ed incontrovertibili che lo dimostrassero. Quindi non posso far altro che affidarmi al mio know-how, che mi suggerisce (mi urla!) questo: “In questo spot la creatività della pubblicità sovrasta il brand”.

Aggiungo una cosa, che in un modo o nell’altro ha a che fare con la pubblicità, con questo spot, e quindi ho deciso di citarla.

Nel 2002 il Codacons ha presentato un esposto all’ Antitrust per pubblicità ingannevole: nella pubblicità si invita il consumatore a rivolgersi alla concessionaria entro una certa data per avvalersi della vantaggiosa offerta promozionale (una Fiat Panda, una 500, ecc.), lasciando intendere che, oltre questa data, non potrà più acquistare l’ automobile al prezzo scontato. In realtà non è così. Infatti, anche dopo la scadenza del termine, il prezzo resta lo stesso, e la scadenza viene prorogata.

Fermo restando che spesso le associazioni di consumatori lasciano il tempo che trovano e vanno in cerca di notorietà attaccando grandi Brand, sono dell’idea che anche qui, qualcosina di meglio quelli di Fiat potevano pensarlo. Vuoi prorogare? Non credo sia una cosa così grave e disdicevole, ma cavolo sforzati a tirar fuori un motivo valido per farlo no?

Questo tipo di “errori” sono dannosi sia per il cliente che si sente preso in giro, che per la credibilità e il prestigio del brand, oltre al fatto che puoi incorrere in esposti come in questo caso.

Se ti stai chiedendo anche tu come gli amministratori delegati, i direttori artistici, le agenzie rinomate nel settore possano commettere simili leggerezze, sappi che io me lo chiedo sempre ma purtroppo non sono ancora riuscito a darmi una risposta che possa giustificare tutto questo.

L’errore principale di quell’ advertising è stato l’eccesso di creatività a discapito della razionalità, di quella parte “scientifica” di cui la mente di una persona ha bisogno per aderire a un’offerta e senza la quale non può esserci un ROI significativo.

In poche parole: troppa creatività sprecata ROI negativo. L’errore più grande è stato la mancanza di una reason why e di una chiamata all’azione specifica, tanto che lo stesso commercial è stato riproposto per 4 mesi consecutivi avendo a oggetto diverse offerte.

Lo spot della Fiat e l’effetto “bugiardino medicinale” di quella (e molte altre) pubblicità

Per capirci.

“Su FIAT Punto supervalutazione dell’usato che vale zero di 1300 €, più un finanziamento in 36 mesi a tasso zero. Ma solo fino al 31 marzo. Cogli l’attimo!”

Il problema vero di questo spot non è stato tanto il fatto che le persone non si ricordassero il brand, quanto il fatto che quando lo si guarda si ha l’impressione che Fiat abbia voluto creare una gag simpatica, divertente e relativamente più lunga del solito per sovrastare un’offerta fumosa, debole e letta di fretta.

Lo spot dura 30 secondi. L’offerta viene letta nei 9 secondi finali, un po’ come succede per le controindicazioni dei medicinali (hai presente quella vocina che a velocità aumentata dice cose del genere “è un presidio medico chirurgico registrato al ministero della salute con il numero xxx, può avere controindicazioni, leggere attentamente le modalità di somministrazione sul foglietto illustrativo…”)

Qual è il risultato? Proprio questo, nello spot viene dato all’offerta lo stesso peso di quello che danno negli infomercial delle medicine alla lettura degli effetti indesiderati.

Quelle tre frasette lette a velocità supersonica nel giro di pochi secondi, per intenderci.

Così sembra che l’offerta di Fiat sia l’effetto “bugiardino” dello spot, il prezzo da pagare per essersi divertiti con la scenetta di 21 secondi vista poco prima.

Non è esattamente questo che un’offerta dovrebbe suscitare nella mente di un cliente.

O almeno non se il tuo obiettivo è, come dice Moretti, portare più gente in concessionaria.

Altra cosa: c’è stato ritorno sull’investimento?

Perché a noi che facciamo pubblicità per vendere, ad esempio, non verrebbe mai in mente di spendere milioni di euro per mandare uno spot in televisione che ha l’obiettivo di “mandare più gente in concessionaria”.

Piuttosto l’obiettivo sarebbe dovuto essere quello di far comprare l’autovettura, approfittando di quella promozione.

Quell’articolo del Sole 24 Ore parla di dati molto precisi per quanto riguarda l’aumento della notorietà del brand. Ma non ci sono dati su macchine vendute, o i numeri precisi sul ROI.

Dice solo che “ha generato un elevato livello di ritorno sulla promozione delle vetture”. Ma,come direbbe Perry Mason, dove sono le prove?

Perché i dati sull’ awareness sono riportati per filo e per segno ma di ritorno sull’investimento si parla di sfuggita?

Ricorda però una cosa: se l’obiettivo del tuo advertising non è promuovere la vendita di prodotti o servizi, in una parola VENDERE, ma è fare emozionare, fare innamorare, atttirare l’attenzione o aumentare la cosiddetta awareness (identificare un brand), a meno che non sei Fiat hai un problema serio col tuo reparto marketing.

La creatività non può mai agire a discapito della tua offerta e di una dirompente RAGIONE D’ACQUISTO.

Cosa avrebbe potuto fare Fiat in quello spot?

In pratica cosa dovrebbe fare una campagna advertising per la tua azienda? Hai mai sentito parlare di ROI? Return On Investment. Ritorno sull’investimento. Ecco, esso deve essere sempre sul verde. Se investi 10 e ti torna 7 SEI NEI GUAI AMICO MIO!

Come si fa, o comunque quali sono i cardini principali per avere un ROI positivo? Ti lascio un paio di appunti, di seguito. Considerali come un ottimo punto di partenza.

  • Inserire una Reason Why

“L’andamento del mercato automobilistico è al sicuro tanto quanto lo è la tua donna dagli attacchi del vicino single.

Hai tempo fino al 31 marzo per un finanziamento 36 mesi a tasso zero(e salvare la tua bella).

Non ci credi? Vai a dare un’occhiata di sopra. Il tuo vicino potrebbe avere già una Fiat Punto. Indovina chi ci troverai a bordo?”

Queste poche righe forniscono una reason why e una chiamata all’azione più solida e veritiera di qualsivoglia gag spiritosa.

Una campagna advertising efficace non può avere:

  • una offerta che possa apparire come “effetti collaterali”

  • una offerta debole e che sembri mendace o quantomeno “interpretabile”

  • una chiamata all’azione debole

Ricevi le migliori informazioni in Italia su come fare Pubblicità Scientifica Iscriviti GRATUITAMENTE alla mia newsletter

  • Il Marketing è VERITÀ DETTA BENE

La tua offerta non deve essere interpretata in nessun modo come mendace. Fermo restando che gli avvocati della Fiat probabilmente possono fronteggiare agevolmente un esposto del Codacons ed una eventuale class-action. Tu te lo puoi permettere?

Per concludere, mi metto nei panni del mentalista di turno, e ti faccio di seguito un riassuntino dei pensieri dei soggetti che sono coinvolti nella realizzazione di una pubblicità:

  • Ecco quello che pensano spesso le agenzie di advertising: “Nel bene e nel male basta che se parli!” “Creiamo buzz”, “Diventiamo virali”
  • Ecco quello che dovrebbe pensare l’imprenditore:
    “Nel bene e nel male basta che mi entrino più soldi di quelli che sto spendendo per dare retta a questi matti qua!”

Scherzi a parte, fin troppo spesso gli imprenditori e le agenzie hanno obiettivi distanti gli uni dagli altri.

Ho scritto tempo fa sulla mia pagina Facebook questa riflessione:

“Facciamo contento il cliente. Entusiasmiamolo!”

Questo è quello che succede quasi sempre durante i brief creativi nelle agenzie di pubblicità.

Il risultato è una bella pubblicità che coinvolge emotivamente l’azienda committente. Ma poi ci si scontra con la dura realtà: VENDITE ZERO!

In nome della famigerata BRAND AWARENESS. Che nella sua accezione originaria e nobile è da tenere in ferma considerazione. Nell’uso comune purtroppo ormai equivale a “basta che se ne parli”.

Ed ho aggiunto un’immagine, che mi piace riproporre qui di seguito:

Le pubblicità sono pianificate e scritte con una concezione completamente sbagliata. Sono create per compiacere il cliente dell’agenzia di pubblicità. L’interesse del compratore finale è quasi sempre dimenticato*.

E ovviamente questo comporta mancata efficacia della pubblicità, vendite non all’altezza delle aspettative, e quell’iniziale “compiacere il cliente dell’agenzia” alla fine si rivela un tristissimo rapporto LOSE-LOSE-LOSE.

  • Cliente finale che non compra e quindi non entra in possesso di qualcosa che potrebbe effettivamente desiderare. LOSE

  • Cliente dell’agenzia di pubblicità che non vende e non ottiene risultati finanziari apprezzabili, oltre ad aver investito il proprio budget in inutili campagne. LOSE

  • Agenzia, che solitamente dopo questi fatti viene giustamente, inevitabilmente defenestrata, perdendo mandataria ed acquisendo cattiva fama. LOSE

*Questa cosa fu scritta da Claude C. Hopkins molti anni fa, e dovrebbe esser stampata a caratteri cubitali sui muri di tutte le agenzie di pubblicità che si rispettino e che vogliano considerarsi utili ai propri clienti.

Mentre stavo lavorando a questo post, seduto sulla poltrona di Vincenzo, il mio Hair Stylist (ti ricordo che se scrivo barbiere si incazza – questione di brand positioning) manco a farlo apposta su MTV accesa alle mie spalle passa una musica che mi ha ricordato un’altra pubblicità di enorme successo. Quella con MEGAN GALE che arrivava la frontiera e…SI, MA COSA VENDEVA?

La domanda è sempre la stessa. E la risposta altrettanto: “BOH?”

Bene, caro amico imprenditore, manager. Siamo giunti alla fine di questo post, ma tu non fare in modo che il tempo che hai impiegato a leggere questo lungo articolo sia stato vano e inutile.

C’è una cosa che non devi fare assolutamente, finito di leggere qui.

Che è: fare come la tipa della pubblicità della Fiat.

Immagino che anche tu ti sia stancato di avere la sensazione di buttare via i tuoi soldi (tanti soldi) in pubblicità, senza avere ritorno certo sull’investimento che fai.

Ora che quella sensazione si è trasformata in consapevolezza, non fare come la protagonista di quello spot: non uscire dall’ufficio e NON andare col primo che incontri.

Per “primo” si intende la prima agenzia pubblicitaria che ti propone suadenti ed inutili pubblicità d’immagine.

Se lo farai, non ti aspettare di trovare me fuori dalla tua porta a dirti “buonaseeeeera…”. Perché io non sarò lì.

In compenso puoi alzare il telefono ORA o mandarmi una email. Se vuoi risultati concreti e misurabili dalla tua pubblicità, io sono l’unica persona con cui stasera devi uscire.

Conosco un posto molto carino dove andare a mangiare…

I miei contatti sono QUI, non perdere altro tempo!

A presto

YO!

Cosimo Errede