Squid Game: un’intervista a cuore aperto

Prendi un pomeriggio qualsiasi di fine ottobre, secchiate di pioggia che battono sui vetri della finestra della cucina, un vento fastidioso ma una bella tazza di thè fumante che ti coccola i pensieri.

Metti anche che non hai tanta voglia di uscire perché sin da piccola sei dannatamente meteoropatica. E allora inizi a cercare disperatamente qualcosa sul web che possa attirare la tua attenzione, perché le ore passino più in fretta…

E’ successo più o meno così quando Cosimo un paio di domeniche fa, mi diede il compito di lavorare su di un testo, di sistemarlo a dovere per darlo in pasto proprio a te, caro imprenditore.

L’unica via d’uscita possibile per sopprimere la noia di quel giorno era trovare un’idea figa.

Ecco quindi al vostro servizio, un’intervista a cuore aperto ai “miei” due Juniorini (che poi tanto Junior non sono più). Due giovani promesse che sicuramente faranno strada!

MA PERCHE’ MAI DOVRESTI LEGGERE UN’INTERVISTA A ‘STI DUE (che per la cronaca si chiamano Erica e Paolo)?

Bè perché hanno cercato e TROVATO la risposta alla domanda sul perché “Squid Game, la serie tv made in Netfix più popolare del momento abbia sbancato in pochissimi giorni”.

Stai attento, perché non è semplicemente una risposta di “cuore” ma una risposta ponderata, studiata e molto utile per il tuo business.

In fondo sei qui per aumentare le vendite della tua attività, non è vero?

Allora apri bene gli occhi, prendi il (solito) blocknotes e tieniti pronto perché ti accompagnerò alla scoperta di qualcosa che ben pochi sanno!

A condurre l’intervista sarò io, Sara, la copy Senior dell’Agenzia (ho scritto Senior perché Cosimo non correggerà quest’articolo prima della pubblicazione). Are you ready? Partiamo!

Sara: Ciao Paolo, raccontaci brevemente chi sei e cosa vuoi fare da grande: 

Ciao!

Mi chiamo Paolo, ho 27 anni, sono nato a Palermo e conoscere Cosimo ha stravolto la mia vita da appassionato di Marketing.

Da quando collaboro con lui, ho dovuto ricredermi su tutte le false convinzioni sul marketing e sull’advertising che avevo appreso da fantomatici markettari del web.

Come è iniziato tutto?

Ho divorato “La grande truffa della pubblicità” in meno di due ore. Non finirò mai di imparare, ma tanto sono nel posto giusto, come – del resto – lo è chiunque – incroci Cosimo nel suo cammino.

Sara: Ciao Erica, la stessa domanda che ho rivolto a Paolo, la rivolgo a te, la scena è tutta tua:

Erica: Ciao a tutti!

Sono Erica, ho 21 anni, voglio fare l’interprete e – di solito – non guardo serie TV.

Potrebbe sembrare che io non c’entri nulla con il settore, lo pensavo anche io. Ma vi svelo un segreto: per fare l’interprete bisogna avere una mente curiosa, elastica e conoscere molto. Per scrivere copy e fare l’imprenditore, pure.

Il trucco è to think outside the box, non averne mai abbastanza di ciò che possiamo imparare e di chi possiamo essere.

Dopotutto ero quella che non guardava serie TV, e ora sono qui a parlarne perché l’ho vista.

Comico, no?

S: Grazie ragazzi per le vostre già interessanti presentazioni. Cominciamo ad entrare nel vivo. Paolo raccontaci innanzitutto cos’è Squid Game (forse c’è ancora qualcuno tra noi che non sa esattamente cosa sia).

P: Squid Game è la serie tv più vista e discussa al mondo in questo periodo. Non puoi non guardarla dato che da settimane sta letteralmente spopolando e stracciando tutti i record di Netflix e dei contenuti in streaming in generale.

(Anche Ted Sarandos, co-amministratore delegato di Netflix, ha recentemente affermato che “sarà senz’altro la nostra serie non in inglese di maggior successo. E ci sono buone possibilità che diventi la nostra più grande serie di sempre”).

Questa ultima arrivata serie può insegnarti alcune preziose lezioni di marketing che puoi utilizzare per migliorare le sorti della tua azienda, ecco perché sono qui a raccontartela.

Ti spiego di cosa parla, nel caso in cui tu non l’abbia (ancora) vista.

Scritta e diretta dal regista coreano Hwang Dong-hyuk, la serie tv sudcoreana prodotta da Netflix affronta in 9 episodi (da un’ora l’uno) il tema delicato della disparità sociale nella Corea del sud di oggi, raccontando una storia che ruota attorno ad un gruppo di 456 persone che vivono in pessime condizioni economiche, pieni di debiti e problemi di ogni sorta.

Verranno tutti invitati da una misteriosissima organizzazione a partecipare ad alcuni giochi infantili (come “uno, due, tre, stai là!” – non ‘stella’. Chiaro??!) al fine di vincere una somma di denaro enorme che riscatterebbe la loro vita e li porterebbe a vivere una nuova vita piena di lussi. Ma il rischio di perdere la vita durante i giochi è altissimo!

La sceneggiatura è stata scritta nel 2009, ma nonostante i vani tentativi da parte dello scrittore di farla riprendere, nessuno voleva produrre una storia così irrealistica e violenta. Ma, proprio come qualsiasi altro prodotto di successo, lo spettacolo deve la sua popolarità a una combinazione di fortuna e tempismo perfetto, ma non solo…

Squid Game è rivoluzionaria sia dal punto di vista narrativo (con una storia inusuale ed originalissima) che da quello tecnico, con le inquadrature su larghi spazi, l’utilizzo di luci, colori ed atmosfere infantili di grande impatto cinematografico.

Oltre 80 milioni di abbonati da tutto il mondo l’hanno già guardata nelle ultime settimane. E i numeri sono in rapida ascesa. Il successo è stato assolutamente inaspettato, a sorpresa. E lo dimostra anche il fatto che la serie non è ancora disponibile con il doppiaggio italiano, ma fruibile soltanto in lingua originale + sottotitoli in italiano.

In pochi giorni, Squid Game è diventata trending topic su tutti i social network. Oltre ai milioni di utenti che ne parlano, numerosi brand stanno cavalcato il trend del momento con divertenti (e stupidi) post di instant marketing che richiamano alcune scene cult della serie tv.

Tra i tanti, da segnalare ci sono brand popolari come Burger King, Durex, Abarth, Citroen, ma anche Pepsi, Semrush, Heineken, Domino’s , Hong Kong Airlines, Formula Uno, ecc (ma non ditelo a Cosimo! Non vorrei essere licenziato per aver parlato di social media ‘marketing’!).

Tuttavia, non mi soffermerò in analisi sociologiche sul valore della denuncia sociale di una spietata società distopica o sulla sua diffusione quasi instantanea proprio dove questa serie non dovrebbe neppure essere vista, essendo vietata ai minori di 14 anni: la scuola media. Ma ci concentreremo, invece, su quelle che sono le lezioni di marketing che possiamo apprendere guardando questa strana, quanto curiosa serie.

S: Prima di parlare delle lezioni di marketing che hai scovato guardando la serie, ci sai dire se esistono degli aspetti collaterali da tenere in considerazione, relativamente al successo ottenuto dalla serie?

P: Eh si Sara, DEVO parlare anche di “Real Time Marketing”, un termine che noi appassionati del VERO marketing ripudiamo, nonostante sia una pratica che un numero crescente di brand sta cercando di cavalcare.

Leggenda vuole che, grazie a questa giovane pratica sociale (no, non riesco a definirla ‘strategia’), le vendite delle calzature Vans, modello ‘slip-on bianche’ (le stesse indossate dai giocatori), sono aumentate del 7.800% da quando questa serie è iniziata. Inoltre, secondo un rapporto di Lyst, le ricerche di tute rosse (e verdi) traslucide sono aumentate del 62% nello stesso periodo.

Squid Game ha avuto un impatto davvero dirompente; ha spinto utenti e creator a postare tantissimi contenuti sul tema, diventando base per meme (che??) e l’occasione giusta per dare sfogo alla propria – incompresa – creatività con il ‘real-time marketing’.

Non bisogna essere fan di Netflix o appassionati di serie tv per essere venuti in contatto con il fenomeno Squid Game e l’impatto che quest’ultimo sta avendo anche al di fuori della piattaforma streaming.

Tuttavia, è innegabile che la serie coreana deve la maggior parte del proprio successo al magico passaparola scatenatosi sui social network.

Maledetto Zuckerberg!!!

Un impatto tanto dirompente (e forse per certi versi non previsto) che non può non portarci a ragionare sul tema, magari trovando quegli elementi che sono stati i driver per questo boom. Questo è un caso studio su cui riflettere e attingere spunti interessanti per il tuo business.

Come sostiene Simon Sinek nel suo libro “Tutto parte dal Perché”, tutti, di solito, ti raccontano COSA fanno, spesso anche COME lo fanno, ma raramente qualcuno ti spiega PERCHÉ fa qualcosa, e cioè qual è il suo scopo, nonché la sua missione nel mondo.

Perché la tua azienda esiste?

Perché ti alzi dal letto ogni mattina?

E perché dovrebbe importare a qualcuno?.

Sinek parte da queste domande per rivelarci che “la gente, quando compra, non guarda che cosa fai, ma perché lo fai.

In cosa consiste questa tecnica?

E’ piuttosto semplice, si tratta solo di provare a cambiare le nostre abitudini comunicative. Seguimi…

Sinek, tramite la teoria del cosiddetto ‘Golden Circle’, parte da un presupposto molto semplice: “le persone non comprano ciò che fai ma perché lo fai”.

Ce lo siamo già detti poco fa, no?

Bene. Lui stesso ha studiato e analizzato a fondo la comunicazione di grandi aziende, organizzazioni e personaggi pubblici diventati famosi per capire perché certi più di altri riescono ad emergere e a diventare dei veri e propri leader nel loro settore, ed ha notato che la maggior parte delle aziende comunica in un determinato modo: partendo prima dal COSA (viene prima descritto il prodotto/servizio offerto), poi il COME (si spiegano le caratteristiche specifiche del prodotto e a volte anche il processo produttivo per crearlo) e solo alla fine si parla del PERCHÈ (ovvero della mission aziendale).

ESTREMAMENTE IMPORTANTE:

Le aziende e le persone di successo invece comunicano in modo inverso, partendo dal PERCHE’ per finire con il dire il COSA!

L’esempio che lui propone come azienda vincente (non per niente leader di mercato nel suo settore) è Apple.

L’ azienda di Cupertino, in fondo, non è altro che un’azienda di computer, che fa computer, cellulari ed altri dispositivi proprio come tante altre aziende, alcune delle quali – tra l’altro – non sono per nulla seconde per capacità, tecnologia ed innovazione.

Ma allora perché ha avuto un successo così enorme rispetto alle altre?

Perché viene considerata come leader assoluto nel suo settore?

Come è riuscita a diventare il punto di riferimento?

Se pensiamo alle pubblicità Apple, in nessuna viene detto cosa fanno, non si parla dei loro computer, di come sono fatti, delle loro caratteristiche, ogni volta viene raccontata una storia.

Apple punta sullo status sociale che le persone possono raggiungere comprando e utilizzando un loro prodotto.

Lo schema “perché-cosa-come” del ‘Golden Circle’ permette di ottenere un impatto maggiore nei nostri interlocutori perché asseconda lo schema di funzionamento del nostro cervello.

Quando noi comunichiamo partendo dal descrivere il COSA, diamo la possibilità al nostro interlocutore di interpretare liberamente il messaggio, dandogli un’ampia gamma di informazioni (caratteristiche del prodotto, vantaggi, benefici, come è stato fatto ecc), MA non siamo assolutamente certi che recepisca con totale certezza quello che vogliamo noi, anzi rischiamo che la sua interpretazione si allontani dal messaggio che volevamo veicolare.

Se invece, comunichiamo subito il PERCHE’, andando a colpire direttamente la parte istintiva e irrazionale del nostro cervello (quella responsabile del comportamento), facilitiamo la comprensione perché il messaggio viene collegato ad un comportamento razionale e concreto.

In questo modo, le nostre parole si trasformeranno in concetti tangibili che si fisseranno nella mente dell’interlocutore. Riusciremo più facilmente a creare delle emozioni in lui che andrà a riflettere sull’oggetto che stiamo cercando di vendere.

In questo modo, quello che lui sta comprando non sarà più un semplice computer o uno smartphone simile a molti altri, ma è qualcosa di più, qualcosa in grado di conferirgli uno status sociale che gli altri prodotti non sono in grado di fare.

La prossima volta che un tuo conoscente vanta di conoscere il potente potere persuasivo di Apple, tu guardalo con tenerezza mentre carica la pistola prima di cominciare a sparare minchiate, e poi spiegagli come stanno davvero le cose.

Il business non deve partire dal COME, ma dal PERCHE’.

Bisogna partire dal PERCHE’. Sempre.

La teoria di Sinek offre un nuovo punto di vista per comprendere i comportamenti e le azioni umane, ma soprattutto ci aiuta a capire come modificare la nostra comunicazione.

Ogni azienda, per posizionarsi in modo distintivo sul mercato e pianificare il proprio business, ha bisogno di ragionare rispondendo alle tre domande:

  •           Cosa facciamo?
  •           Come lo facciamo?
  •           Perché lo facciamo?

Secondo Simon Sinek la terza e ultima domanda è quella a cui molte aziende sono incapaci di dare risposta e che il 97% delle stesse adotta questo schema di comunicazione, ma nel modo sbagliato: comunica partendo dal COSA per arrivare al PERCHE’. 

“Non conta che cosa fate, ma perché lo fate.” – Simon Sinek

S: Grazie Paolo! Dopo questa lunga ma doverosa premessa, rivolgiti agli imprenditori e spiega le lezioni di marketing che hai individuato, siamo tutt’orecchi!

P: Inizio subito col dire che ho individuato 3 lezioni di marketing che possono essere sfruttate in ogni attività. Inizio subito con la prima:

#1 – Il passaparola è il tuo più grande alleato (ma anche il tuo più grande nemico)

Quella del passaparola è una delle tecniche più classiche di tutti i tempi.

A dire il vero è stata la prima, embrionale, forma di marketing. Il passaparola è senza dubbio il più potente strumento di marketing di cui il tuo business possa godere, perché si basa su un solo, unico, importante punto di forza: la fiducia.

Secondo uno studio effettuato nel 2015 da Nielsen, il passaparola è lo strumento promozionale più credibile, sia in Europa che in Italia: l’82% dei cittadini europei intervistati e il 76% di quelli italiani considera i consigli di conoscenti diretti come molto o abbastanza attendibili.

Un altro dato interessante emerso da questo studio riguarda i commenti online, considerati attendibili dal 60% degli europei e dal 64% degli italiani intervistati.

Squid Game dimostra infatti che la forza del passaparola può essere più forte della pubblicità. MA ATTENZIONE: sfortunatamente, NESSUNO può assolutamente garantire il passaparola, ecco perché chi ha un budget limitato spesso affida tutte le proprie speranze ai social media ed alla creatività fine a se stessa, con il fine di ottenere il tanto desiderato passaparola.

Ho sentito parlare di Squid Game da alcuni miei amici che non riuscivano a smettere di parlarne, ma ciò che dicevano non era ancora abbastanza per convincermi a guardarlo. Solo dopo aver fatto indigestione di meme (apparentemente) incomprensibili, notizie sul feed di Facebook, video esplicativi della serie, su Youtube ecc. ho seriamente preso in considerazione l’idea di guardarlo per non restare ‘fuori’ dal mondo.

Un altro dei motivi che mi ha spinto ad informarmi di più su questa serie è stata la notizia secondo cui Netflix abbia speso 21,4 milioni di dollari per la produzione dei 9 episodi (circa 2,4 milioni a episodio), da cui è composta la prima stagione ed ha guadagnato quasi un miliardo di dollari (891 milioni) in pochissime settimane.

S-C-O-N-V-O-L-G-E-N-T-E.

Eppure, Caro Imprenditore, non pensare come pensano gli altri. Pensa. Cosa accadrebbe se, tutto d’un tratto, il tuo prodotto o servizio cominciasse a vacillare e tu non potessi più controllare il passaparola (negativo) creato attorno ad esso?

Saresti in un bagno di merda. Non esiste mai una sola strategia. Serve sempre un piano B.

Una cosa è certa: uno show televisivo accompagnato dal passaparola sfrenato, che sia quest’ultimo sui social o offline, ti costringe letteralmente a guardarlo per il semplice fatto di poterti relazionare con chiunque tu abbia attorno, anche perché, parliamoci chiaro, la gente parla ormai solo dei trend del momento. Sta a te decidere se integrarti con la comunità o esiliarti in una sperduta montagna del Perù.

S: Ottimo spunto Paolo, procedi con la seconda lezione!

P: Eccola qui:

#2 – I Social Network possono spingere un prodotto più in fretta di quanto si pensi (se il tuo target è quello giusto)

 

Non smetterò mai di dirlo: è tutta questione di target.

Non puoi vendere assorbenti ad un uomo; non è in target.

Non puoi vendere una bistecca ad un vegano; non è in target.

Non puoi vendere sigarette ad un atleta olimpico, non è in target.

Il marketing è tutta una questione di target.

I social media e TikTok in questo determinato periodo, non solo hanno reinventato il modo in cui i brand raggiungono il loro pubblico, ma hanno anche stabilito un nuovo standard per il modo in cui le aziende dovrebbero avvicinarsi ai propri consumatori.

Il marketing è vivo. E’ in continua evoluzione. Si ibrida, muore, rinasce, ed assumerà sempre nuove forme. Eppure, non puoi cambiare uno dei principi cardini sul quale si basa: ogni prodotto ha un proprio target di riferimento. Punto.

Adesso, potete fare tutte le campagne che volete; potete avere anche la migliore offerta e la garanzia più stupefacente della storia dell’imprenditoria italiana, ma se non intercettate correttamente il vostro pubblico, la vostra fine è vicina.

E’ chiaro che il pubblico per il quale è stato prodotto Squid Game sia un pubblico giovane, che segue i social – ed in particolare TikTok – e che avrebbe immediatamente scatenato un via vai di passaparola fidelizzato sul prodotto.

Squid Game ha creato un’orda di zombie affamati di condividere le loro impressioni, i loro meme ed i significati dei vari episodi, sui social. Il grande vantaggio di Squid Game è che l’unico modo per capire tutte le battute diventate virali sui social è quello di guardare lo spettacolo, a causa della loro specificità. Questo può funzionare alla grande per una strategia di marketing, a patto che tu sappia dove si trova il tuo pubblico.

Rendi la tua campagna unica, in grado da trasformare il tuo pubblico in sostenitori fanatici del tuo prodotto o servizio.

S: Non potevi essere più chiaro! Spiegaci la lezione n. 3, daje!

P: Grazie…la lezione n. 3 verte su:

#3 – Sfrutta a tuo vantaggio simboli, loghi e colori

Uno dei driver più rilevanti è senza dubbio quello estetico. Un’estetica, quella di Squid Game, estremamente studiata, parte integrante del racconto ed essa stessa attrice, che fonda elementi diversi, ma tutti capaci di essere riconoscibili e divenire connettori tra la serie e la nostra cultura, fatta anche di stereotipi.

Uno shock visivo che va di pari passo con quello narrativo e che è accompagnato da una serie di simboli a noi implicitamente vicini e capaci di parlarci con grande affinità. Tra i molti, il cerchio, il quadrato ed il triangolo, sono simboli che ricordano il joypad della Playstation, ma anche le tute rosse alla ‘Casa di Carta’, il logo simil TikTok e quell’effetto di sofferenza/intrattenimento che fa tanto “Mai Dire Banzai”.

A fare da coadiuvante alla forte simbologia c’è anche un potente Visual Hammer, ovvero quello della tuta fucsia usata da alcuni personaggi. Non a caso, il fucsia, nella psicologia dei colori è il colore della decisione, nonché uno dei leitmotiv della serie coreana.

Immagino che tantissimi fan acquisteranno su Amazon le celebri tute fucsia, delle Vans, delle calze bianche, un paio di maschere e saranno felici di riproporre il tutto sulle loro Instagram Stories.

Sono decisamente troppo vecchio per tutto questo, ma è interessante capire come una serie tv qualunque abbia creato un sistema commerciale così variegato.

E non escludo neppure che nei prossimi mesi verranno ricreate delle stanze dentro cui poter giocare con i propri amici, emulando con estrema precisione tutto ciò che viene fatto nei vari episodi (morti escluse, ovviamente).

Ecco per te, gratis, una nuovissima idea di business: Squid Game Room – La stanza dei giochi.

Il marketing produce spesso altro marketing.

Come vedi, non esiste un solo modo per lanciare un prodotto.

Tutto, alla fine delle cose, si riduce al modo in cui il tuo target percepisce ciò che hai da vendere. E’ importante, però, avere le idee chiare sui tantissimi business model che un’azienda dovrebbe adottare ed adattare ai suoi prodotti e/o servizi.

S: Ottimo Paolo! Grazie mille per il tuo contributo! Ora passiamo ad Erica, che ha pazientemente aspettato il suo “turno” per raccontarci cosa ha trovato di particolarmente interessante per te caro imprenditore! Comincia pure da cosa secondo te, ha scatenato questo boom di visualizzazioni!

E: Faccio una piccola premessa. La serie nasce 12 anni fa ed è stata rifiutata più e più volte (il che già ti fa capire che non tutte le idee sono sbagliate, a volte le stelle non sono nella posizione giusta per farle funzionare).

È piena di sangue, spietata e macabra.

Non è stata doppiata in italiano, ha solo i sottotitoli – cosa che non gioca a suo favore.

Considera che, secondo un’analisi condotta da Netflix, solo il 16% degli italiani sceglie volontariamente di guardare un qualsiasi film o serie in lingua originale (con i sottotitoli in italiano) piuttosto che doppiato.

Potrebbero puntarci una pistola alla testa e decideremmo comunque di morire.

E come ciliegina sulla torta la serie non ha nemmeno avuto promozioni di alcun tipo.

Diciamocelo, tutto e tutti le remavano contro. Eppure, a una settimana dall’uscita, Squid Game era la più vista in 90 (novanta) Paesi, inclusa l’Italia.

Come ha fatto? Con la versione aggiornata del passaparola.

Con i meme. O dovrei dire i milioni di meme sparsi ovunque su internet.

E non solo loro.

A un mese dall’uscita della serie, l’hashtag #squidgame aveva toccato i 36 miliardi di visualizzazioni, mentre nell’esatto momento in cui sto parlando, ha raggiunto addirittura quota 50 (e forse anche più).

Ad un certo punto l’hype è stato talmente forte da farti sentire un emarginato se ancora non avevi visto la serie.

Squid Game ha improvvisamente minacciato di distruggere il nostro senso di appartenenza.

Una cosa da niente. Infondo è solo uno dei bisogni fondamentali dell’essere umano.

Nella Piramide di Maslow è addirittura al terzo posto, superato solo dai bisogni fisici (come cibo e acqua) e dal senso di sicurezza.

S: Erica, ci hai già dato degli spunti interessanti, ora proponi la tua versione dei fatti!

E: Io voglio partire da una scena del primo episodio –  se non sei tra i 132 milioni di persone che l’hanno vista almeno in parte, ti consiglio di prestare attenzione.

Iniziano gli spoiler, ma anche ciò che può far crescere il tuo business: fa’ la scelta giusta.

Seong Gi-hun è il personaggio principale della serie. È un uomo sulla quarantina, padre, divorziato, indebitato, che vive ancora sulle spalle della madre ormai molto avanti con gli anni.

È notte. Dopo una tipica giornata passata a chiedere soldi, scommettere, scappare dagli strozzini che minacciano di vendere i suoi organi al mercato nero, deludere la figlia e litigare con la ex moglie, Gi-hun aspetta la metro per tornare a casa.

Un uomo, interpretato da Gong Ji-cheol (meglio conosciuto come Gong Yoo) si siede accanto a lui.

Le due figure sono antitetiche: il protagonista ha il viso pieno di lividi, un cappellino da baseball e un aspetto trasandato, l’altro indossa un completo, ha i capelli curati e una ventiquattrore.

Signore, ha un minuto?

Esordisce così l’uomo della valigetta, che, scopriremo in seguito, essere colui che va alla ricerca di potenziali giocatori – una sorta di rappresentante.

Nonostante la diffidenza di Gi-hun, Gong Yoo prosegue con la sua offerta. Gli propone di fare un gioco con lui e conclude dicendo che il vincitore riceverà 100.000 won (poco più di 70 euro).

Amante delle scommesse, Gi-hun accetta, ma perde. E ovviamente non ha i soldi per pagare.

L’uomo della valigetta gli dà allora un’alternativa: al posto dei soldi, potrà ripagarlo facendosi dare uno schiaffo.

Il gioco (chiamato ddakji in Corea) continua per diversi round, Gi-hun ha la faccia gonfia a causa di tutti gli schiaffi ricevuti, ma alla fine riesce a vincere la sua prima partita e a guadagnare i suoi 100.000 won.

È in quel momento che l’uomo della valigetta gli consegnerà i soldi e un biglietto con uno strano logo – un triangolo, un cerchio e un quadrato – e un numero di telefono.

Ricordi le domande “Da chi? Come? E perché proprio loro?”

#1 ) IL COME – SCEGLI L’APPROCCIO PIÙ EFFICACE

Mi riferirò sempre alla stessa scena, perché voglio risparmiarti la sofferenza di farti raccontare una serie tv che magari volevi evitare con tutto te stesso, ma che per amore del tuo business stai scoprendo ora.

Alla fine della partita Gi-hun riceve i soldi e un biglietto da visita con il logo e un numero di telefono.

Non c’è NESSUN chiama ora o visita il sito: la Call to Action è pressoché inesistente.

Volevo quindi soffermarmi di più sull’approccio utilizzato dall’uomo della valigetta.

Analizziamo Gi-hun dal punto di vista della sua consapevolezza.

S: Fantastico! Mi sembra un ottimo spunto per i nostri lettori abituati a sentir parlare di “consapevolezza”…

E: Come abbiamo già visto, il nostro protagonista sa di essere sommerso dai debiti.

Si tratta quindi di quel prospect che sa di avere un problema, ma non ne conosce la soluzione (o almeno non una efficace).

Nella piramide della consapevolezza di Eugene Schwartz, verrebbe inserito in uno dei segmenti più bassi, poiché quasi completamente INCONSAPEVOLE.

Rivediamo ora come comportarci.

A seconda della consapevolezza del cliente esistono due diversi tipi di approccio: quello diretto e quello indiretto.

Puoi utilizzare un approccio diretto quando:

  •     Il tuo prodotto è facile da capire;
  •     Porti un’innovazione nel tuo mercato;
  •     Hai una promessa molto forte (che il prospect accetta SENZA DIFFIDENZA).

Mentre puoi ricorrere ad un approccio indiretto quando:

  •     Vendi qualcosa che deve essere spiegato;
  •     Il cliente non si fida molto di te/delle tue affermazioni;
  •     Non crede sia possibile risolvere il suo problema;
  •     Non sa che ha un problema da risolvere;
  •     Non ti differenzi dagli altri.

Tieni a mente questi punti e proseguiamo con la scena.

Dopo la fatidica domanda da testimone di Geova “Ha un minuto?”, a cui il protagonista risponde con un “Non credo in Gesù”, il misterioso uomo d’affari prosegue dicendo:

Vorrei proporle un’offerta che non può rifiutare…

Incredibile, ma vero, Gi-hun rifiuta. Lo zittisce.

E irritato dalla sua insistenza, arriva addirittura a puntargli una pistola contro (un giocattolo – ma l’uomo d’affari non lo sa).

Perché Gi-hun rifiuta?

Pensaci bene.

L’uomo d’affari è uno sconosciuto, propone un qualcosa che deve essere spiegato (il gioco) e il suo potenziale cliente ha un problema che difficilmente si risolve in una notte.

Gi-hun è nella fascia dell’inconsapevolezza, aggredirlo con un approccio diretto non può funzionare.

L’approccio diretto è efficace in un numero ristrettissimo di casi.

Non andresti mai ad abbracciare uno sconosciuto, né ti presenteresti in modo formale e distaccato al tuo migliore amico che ti conosce da secoli.

S: Vai avanti Erica, ti seguiamo con molto interesse…

E: Ecco il mio secondo punto che ho individuato…

#2) IL PERCHÉ – INDIVIDUA IL TUO PROSPECT IDEALE

Nonostante i partecipanti a questi giochi mortali variassero per sesso, età e classe sociale, come ha detto Paolo, avevano anche qualcosa in comune.

Chi più, chi meno, erano tutti sommersi dai debiti.

Ciò che vendi è importante, siamo d’accordo. Ma ciò che conta ancora di più è capire a chi lo puoi vendere.

GOOD Selling is Serving.

Se cerchi di vendere il tuo prodotto a persone a cui non serve, fai prima a risparmiarti la fatica.

Identificare un target di riferimento è uno dei procedimenti più difficili che ti permette però di concentrarti su coloro che più probabilmente compreranno.

Ciò non significa che devi fare supposizioni sulle persone che vuoi raggiungere, anzi, la tua deve essere una ricerca approfondita su chi sono, da dove vengono, cosa fanno, come si comportano e tutto ciò che può esserti utile.

Scegliere il target giusto significa restringere il campo a delle persone con tratti, caratteristiche e interessi simili a cui serve (o potrebbe servire) il tuo prodotto.

Torniamo un attimo alla serie.

Per vincere i 45.6 miliardi bisogna sopravvivere a tutti e sei i giochi.

Per il quinto gioco i 16 partecipanti rimasti vengono invitati a scegliere tra 16 casacche numerate. Scopriranno, solo dopo aver fatto la scelta, che il numero corrisponde all’ordine in cui dovranno giocare: il numero 1 va per primo, il 16 è l’ultimo.

Come si gioca?

I 16 sopravvissuti entrano in una sala che sembra un tendone da circo, di fronte a loro ci sono due vie fatte di lastre di vetro distanziate: alcune in vetro temperato (capace di sorreggere contemporaneamente il peso di due giocatori), alcune in vetro normale (incapace di reggerne anche solo uno).

Lo scopo del gioco è saltare di volta in volta sulla lastra giusta, per evitare di cadere nel vuoto… e morire. Il tutto in 16 minuti.

Scaduto il tempo, i giocatori non ancora arrivati alla fine verranno eliminati.

 

E quindi? Ti chiederai.

A pochi minuti dallo scadere del tempo, rimangono in vita solo quattro giocatori.

Scopriamo che il primo della fila era un mastro vetraio e grazie al modo in cui la luce viene riflessa dai due tipi di vetro, riesce facilmente a capire su quale saltare per non cadere nel vuoto.

Senza il rischio di morire, il gioco non è più divertente e il Front Man (conduttore) decide di spegnere le luci.

In quella scena, ma anche in una precedente che eviterò di raccontarti, vediamo che il Front Man ha un fascicolo per ciascun partecipante al gioco con tutte le informazioni utili.

Possiamo dire che quelli di Squid Game hanno fatto tutti i compiti a casa, definendo al massimo il loro target.

Le imprese non hanno né il tempo né le risorse per riuscire a raggiungere chiunque con il loro prodotto.

E anche se tu ne avessi la possibilità, NON FARLO.

Non solo dovrai diluire il tuo messaggio per cercare di renderlo adatto a tutti, ti impedirà anche di stabilire dei forti legami con coloro che hanno davvero bisogno del tuo prodotto o servizio.

S:  Detto questo, introduciamo l’ultimo argomento.

E: Eccolo qui, te lo racconto brevemente…

#3) LA POTENZA DELLE LEVE

Se ti parlassi di strumenti ti verrebbero in mente quelli che usi per scrivere, gestire le informazioni dei clienti, mandare e-mail, analizzare i trend e rendere il tuo lavoro più facile.

Sono strumenti, è vero, ma quelli a cui mi riferisco io sono leggermente più astratti.

Ce ne sono di positivi, come la promessa di una ricompensa, di un miglioramento o la sensazione di fare la cosa giusta.

Ma i più potenti sono senz’altro quelli negativi: il senso di colpa, la paura e la vergogna.

Ti parlerò ora solo della vergogna, perché in Corea del Sud – ma anche qui nello Stivale – è la regina delle leve.

Si prova vergogna quando “come siamo” si discosta da come vogliamo essere.

In Corea, come in molti dei Paesi asiatici, esiste il concetto di “faccia” (체면Chaemyoun).

Il Chaemyoun rappresenta l’impressione che la persona vuole trasmettere agli altri per quanto riguarda il loro status, ma anche il ruolo di genere (in famiglia e in società).

I coreani spesso fanno di tutto per mascherare pesantemente la loro situazione sociale, finanziaria o accademica se viene giudicata “vergognosa” rispetto agli standard (come un divorzio, la povertà o dei brutti voti a scuola).

Come abbiamo visto nella serie, il target di Squid Game sono i reietti della società, coloro la cui faccia è completamente distrutta.

Nel primo episodio, quando vengono spiegate le tre regole principali della competizione, viene detto ai partecipanti che il gioco può essere interrotto mediante votazione: se la maggioranza vuole chiudere, il gioco finisce e tutti tornano a casa (senza ovviamente guadagnare nulla).

I giocatori decidono allora di votare per tornare alle loro vite, ma dopo poco tempo si ripresentano sull’isola dove avviene il tutto: meglio morire provando a riguadagnare la propria faccia che vivere un giorno in più da scarto della società.

La situazione nella serie è portata agli estremi, ma ciò ti fa capire quanto, anche nella società occidentale, la vergogna sia una leva potentissima (da usare nei giusti contesti).

Nel 1921 George Lambert (figlio del fondatore di Listerine) creò la parola alitosi in modo tale che suonasse come una condizione medica, diversa da un semplice “alito cattivo”, e offrì insieme a questo neologismo anche la soluzione perfetta: il loro collutorio.

La popolarità del prodotto raggiunse le stelle grazie a quella campagna pubblicitaria basata sulla vergogna.

La strategia risultò efficace perché ridefiniva ciò che era il bene e ciò che era il male, e quando ci viene presentata una scelta del genere, scegliamo il bene, no?

S: Ragazzi grazie di questi contributi preziosi! Avete altro da aggiungere?

E: Probabilmente un’ultima cosa la direi…

Caro imprenditore mi rivolgo a te, se la tua sete di conoscenza è insaziabile e come Squid Game vuoi raggiungere le stelle con il tuo business, ti propongo altri 10 (dieci) esempi di business da cui prendere spunto che hanno fatto la storia.

Sto parlando di:

  1.     Adriano Olivetti
  2.     Pietro Barilla
  3.     Brunello Cucinelli
  4.     Enzo Ferrari
  5.     Giovanni Ferrero
  6.     Giorgio Armani
  7.     Giovanni Rana
  8.     Leonardo Del Vecchio
  9.     Nerio Alessandri
  10. Valentino Garavani

10 Imprenditori Italiani, 10 CAPITANI CORAGGIOSI che Cosimo ha messo insieme per te, in un unico volume.

Il libro è uscito il 16 luglio 2021 e solo chi acquista una tra le prime 1.000 copie potrà ricevere dei bonus incredibili. Ad oggi c’è disponibilità di soli 276 pick a condizioni vantaggiose, ma stanno continuando ad andar via (senza nessuna sponsorizzata, senza book funnel. È un libro VERO, non un front-end).

Fossi in te smetterei di rimandare.

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S: Grazie Erica! Tu Paolo, hai altro da aggiungere?

P: Direi di si…Caro imprenditore se vuoi scoprire come diventare il prossimo Barilla, Ferrari, Ferrero o Armani ti consiglio di acquistare ORA il libro di Cosimo. Il suo ultimo, prezioso, lavoro.

Ma, ATTENZIONE… NON comprare questo libro se non hai un minimo di dedizione e passione verso il tuo lavoro. Cosimo lo ha scritto dopo aver rischiato di perdere anima e corpo, e non posso permettere che i suoi sforzi vadano vanificati per qualcuno che non è disposto a rischiare per il bene del proprio business.

Il libro sarà utile per la crescita della tua impresa.

Comincia a farti una cultura in tal senso. Si, proprio tu che stai leggendo: Prendi il libro di Cosimo ADESSO e questo è ciò che apprenderai IMMEDIATAMENTE:

  • CAPITANI CORAGGIOSI ti darà una formidabile iniezione di coraggio attraverso il racconto di 10 storie di magnifici imprenditori italiani
  • CAPITANI CORAGGIOSI ti permetterà di conoscere 10 business model infallibili (da cui prendere esempio) per la crescita della tua attività
  • CAPITANI CORAGGIOSI è il libro che ti aiuterà ad elaborare e riflettere sull’autorità che possiedi (o meno) nel tuo settore
  • CAPITANI CORAGGIOSI potrà essere per te un vero e proprio “strumento di rottura” con i pregiudizi sul mondo del lavoro e sui risultati limitati che spesso chiudono in un recinto elettrificato i tuoi obiettivi

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(Ma affrettati! Sai com’è lui. Ha un grande cuore e tende sempre a regalare bonus incredibili, ma conoscendo anche il suo carattere imprevedibile potrebbe decidere di annullare questa incredibile offerta anche oggi stesso)

Prendi spunto da questa strana serie tv che in poche settimane ha fruttato a Netflix 891 milioni di dollari, e dai una svolta al tuo modello di business prendendo adesso questo straordinario volume ed i suoi numerosissimi bonus prima che sia troppo tardi.

Fallo adesso. Non rimandare.

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S: A me non rimane che ringraziare Erica e Paolo per i loro interventi, e te caro imprenditore che sei arrivato a leggere fin qui questa particolare intervista!

Come direbbe qualcuno DAJE. FORTE. SEMPRE.