PATATA BOLLENTE: quando l’imprenditore è più creativo dell’agenzia creativa

Attenzione: se ti piacciono le patate, soprattutto quelle nelle pubblicità, devi assolutamente leggere questo post.

Stai per leggere la triste storia di un’azienda di giochi da tavolo americana che, (anche) grazie a un’agenzia creativa, ha bruciato un budget milionario con uno spot durante il SuperBowl ottenendo un ROI di zero dollari

E in più…

Il motivo per cui nelle tue pubblicità non devi mettere clamorosi errori di ortografia per attirare l’attenzione

Conosci “Cards Against Humanity”?
È un gioco da tavolo americano in cui si distribuiscono delle carte ai partecipanti e si formano delle coppie di domanda e risposta basate sullo humour nero.

Non ci interessa oggi parlare delle regole di questo gioco, quanto piuttosto approfondire le dinamiche di una vicenda che ha coinvolto l’azienda di Cards Against Humanity e la decisione di trasmettere un infomercial durante l’evento più seguito dell’anno in tutta America: il Superbowl.

Quando pensiamo al Superbowl pensiamo a più di cento milioni di appesi davanti allo schermo o a ingozzarsi di hot dog e patatine fritte agli stadi di football, concentrati molto più sull’ individuare la star di Hollywood più vicina al loro sedile che a seguire un gioco evidentemente troppo difficile e noioso.
Se non si era capito, non sono proprio un fan del football americano.

Fatto sta che i creatori di C.A.H. (Cards Against Humanity) hanno creduto che questo evento megagalattico fosse una occasione troppo ghiotta per farsela sfuggire, di mettere in mostra le loro capacità creative con un infomercial che fosse totalmente fuori dagli schemi.

piattaforma di blog), hanno pubblicato un articolo che, oltre a una clamorosa ammissione di colpa per aver ottenuto un ritorno pari a zero, su un investimento consistente, sembra quasi una dichiarazione di bancarotta.
L’articolo è in inglese.
Ho pensato che la cosa migliore che potessi fare a questo punto era tradurlo e lasciar parlare direttamente loro di questa spiacevole vicenda.
Prendilo quindi come un “articolo testimonianza”, una testimonianza diretta di quello che può succedere quando assumi un’agenzia creativa per la tua pubblicità.

Sai perché ho deciso di scrivere questo post?

Perché mi capita che i lettori del blog, gli imprenditori con cui entro in contatto, i miei clienti e le molte altre persone con le quali mi trovo a spiegare quali sono le conseguenze dell’advertising creativo, pensano che io stia esagerando.
Che voglio girare il coltello nella piaga, che sia solo una tecnica di marketing di esasperare il problema fino a renderlo insopportabile.
Bene, l’articolo che sto per riportarti è la testimonianza reale che ciò che dico non è una esagerazione, non è “ realtà stressata al massimo”.
È solo la pura verità.
Nella fattispecie, che cosa è successo in questo caso?

L’azienda in questione:

A. decide di investire diversi milioni di dollari in uno spazio pubblicitario che gli avrebbe consentito un reach di circa un centinaio di milioni di spettatori.

B. Ingaggia una creative agency che ha cazzeggiato con idee “troppo convenzionali per loro” per oltre sei mesi, facendogli perdere tempo e soldi;

C. Alla fine, delusa dal lavoro dell’agenzia, licenzia i creativi e con sole 48 ore di tempo decide di crearsi la pubblicità da sola;

D. Fa un disastro totale e butta nel gabinetto un sacco di soldi, sfiorando la bancarotta e trovandosi a cospargersi il capo di cenere in un post che suona tutto come un post-mortem;

Quando la scelta di non rivolgersi alle agenzie e farsi la pubblicità da soli è la scelta giusta?

Solo ed esclusivamente nel caso in cui l’imprenditore o gli imprenditori in questione non siano menti più creative dei creativi stessi.
In questo caso parliamo di un gruppo di studenti che quando hanno creato il gioco erano alle superiori, quindi presumibilmente ora giovani imprenditori, forse qualcuno universitario, che hanno basato il loro business sul gioco, l’intrattenimento e il divertimento.
La loro grande colpa, per altro ammessa in pieno nell’ articolo che stai per leggere, è stata pensare che la pubblicità dovesse essere altrettanto creativa, divertente, fuori dagli schemi.
Questo li ha portati a perdere una quantità di denaro davvero molto alta.
Eccoti di seguito quindi, la traduzione dell’articolo che loro stessi hanno postato il 6 Febbraio.

“IL MOTIVO PER CUI IL NOSTRO ANNUNCIO DURANTE IL SUPER BOWL NON E’ RIUSCITO
Questo weekend, Cards Against Humanity ha comprato lo spazio per un annuncio durante il Super Bowl, il programma televisivo americano più seguito dell’anno, che raggiunge fino a 114,4 milioni di spettatori.

Cards Against Humanity è conosciuto come un innovatore nel settore dei giochi da tavolo, così abbiamo visto l’opportunità di applicare la nostra speciale immagine di brand “fuori dagli schemi”, pensando anche all’ormai retrogrado mondo delle pubblicità del Super Bowl.
Mentre abbiamo riscosso successo dal punto di vista della creatività, l’annuncio ha mostrato, al contrario, un deludente ritorno sull’investimento ($0) e al momento stiamo uscendo dal mercato.
In questa “autopsia” esamineremo il concetto dietro a questo annuncio pubblicitario e l’inestimabile lezione che abbiamo imparato lungo la strada.

COS’E’ ANDATO STORTO?

Abbiamo perso tempo nel “costruire l’idea” .
Per cominciare a lavorare all’inserzione, abbiamo assunto un’agenzia pubblicitaria chiamata “Wieden+Kennedy”.

Hanno sprecato ben sei mesi del nostro prezioso tempo giostrandosi fra concetti come “persone che ridono giocando o incredibili combinazioni di carte mostrati sullo schermo”. Alla fine abbiamo realizzato che erano condizionati da un modo di pensare del tutto convenzionale e li abbiamo licenziati, ma in questo modo ci siamo ritrovati ad avere solo 48 ore per completare l’annuncio.
Eccessiva fiducia nel modello.
Dopo aver licenziato l’agenzia, abbiamo condotto un’estesa ricerca di mercato che ha dimostrato che il consumatore americano ama le patate.
Il problema che non abbiamo prevenuto è che i tifosi sportivi, generalmente, hanno qualche difficoltà a fare il collegamento da “Super Bowl” a “patata” a “Cards Against Humanity”.
E’ stata una grande lezione di umiltà.
Col senno di poi, il modello da noi seguito mancava di “validità esterna”.
Invece di chiedere 70 volte ad una persona se l’annuncio fosse efficace, avremmo dovuto chiederlo a 70 persone una sola volta. Questo ha acuito la nostra sensibilità per quelli che gli statistici chiamano “errori correlati”.

Sfortuna.

Alcune cose non si possono tenere sotto controllo. Abbiamo supposto che le patate avrebbero avuto un ruolo più importante nel Super Bowl di quest’anno.
Invece nessun giocatore è stato mostrato mentre mangiava patate e queste non sono mai state nominate durante lo show. Abbiamo azzardato e abbiamo perso.

Mancata fiducia nei nostri clienti.

Avevamo paura che i consumatori avrebbero inteso la pubblicità come parte integrante del Super Bowl .
Questo ci ha portati a prendere la decisione, basata sulla paura, di scrivere “PUBBLICITA’” sulla patata.

Stavamo ponendo le domande sbagliate. E’ una classica trappola. Abbiamo passato così tanto tempo a selezionare la patata giusta per l’annuncio che non ci siamo mai fermati per chiederci se effettivamente una patata avrebbe veicolato il messaggio essenziale del brand Cards Against Humanity.

Il nostro annuncio non è riuscito a colpire i giovani.

La patata è una verdura americana molto amata con una ricca storia che è allo stesso tempo moderna e senza tempo.
Ma in questa società moderna le cosiddette “regole” del marketing non sono più applicabili.
I teenager possono trovare divertimento ovunque, dai loro apparecchi Nintendo portatili ai “festini fuori controllo”. L’umile patata semplicemente non può competere.

Siamo stati troppo precoci.

Iniziando questo progetto, le nostre ricerche hanno mostrato che la maggior parte delle pubblicità del Super Bowl sono molto divertenti da guardare. In queste vi sono riprese che si succedono velocemente e celebrità portavoce come Jessica Simpson. La nostra strategia era quella di andare completamente controcorrente. Abbiamo seguito questa strada, ma il mercato non era pronto per un annuncio “capace di rimanere fermo in un mondo che si muove”.

Non abbiamo aggiunto musica.

Nei nostri progetti per l’annuncio ci eravamo immaginati una bella musica in sottofondo, per esempio i Rolling Stones.
Sfortunatamente, abbiamo speso tutti i soldi della compagnia comprando quell’inserzione al Super Bowl e siamo diventati fisicamente insolventi.
Questo ci ha costretti a tagliare la nostra licenza da 1,5 dollari per “Sympathy for the Devil”. Guardando indietro, l’efficacia di questo concetto era basata al 99% sul fatto che l’audience sentisse “Sympathy for the Devil” degli Stones.

Ci siamo dimenticati di menzionare il nostro prodotto.

C’è poco da girarci intorno. Avremmo dovuto includere il nome o il logo di Cards Against Humanity nell’annuncio. E’ stata colpa nostra? Assolutamente sì. Abbiamo rimpianti? Sicuramente. Se potessimo rifare tutto da capo, menzionare il nome del nostro prodotto sarebbe probabilmente la nostra prerogativa.

LEZIONE IMPARATA

Molte delle nuove imprese falliscono per una o due ragioni: esauriscono il denaro o non riescono a raggiungere l’audience. Noi abbiamo speso tutto il nostro denaro e simultaneamente non siamo riusciti a raggiungere l’audience. E’ un classico erroraccio.

In Cards Against Humanity crediamo che si possa diventare esperti solo provando e fallendo. In questo modo, il fallimento è il più grande maestro di vita; il fallimento è, in realtà, il successo stesso. In Cards Against Humanity falliamo sempre. Siamo dei veterani del fallimento. E il costante fallimento, più un capitale illimitato, è quello che ci ha portato alla grandezza.

Ne faremo un altro il prossimo anno? Sì. Se emergeremo con successo dal “Capitolo 11” cercheremo degli investitori per finanziare un concetto di annuncio che coinvolga il popolare cereale “grano”.

Visto?

Ora, l’analisi attuata dai soci di C.A.H. è apprezzabile sotto molti punti di vista.

L’attenzione e la minuziosità con cui hanno esploso tutti i vari punti di debolezza della campagna però non può esimermi dal pensare una cosa sola.
Per quale stra maledetto motivo, visto che a quanto pare tanto stupidi non sono, non hanno impiegato sin dall’ inizio le stesse energie mentali e la stessa capacità di analisi che hanno messo in questo articolo per fare un infomercial con un senso?
No, perché sebbene la loro analisi sia anche corretta dal punto di vista logico, le loro parole, soprattutto quelle che descrivono i loro pensieri in fase strategica, lasciano trapelare un’ingenuità e un’approssimazione nell’ attuazione di questo spot da fare paura.
A tratti, leggendo alcuni passaggi dell’articolo, ho pensato che fossero ironici.
Come quando dicono “ciò che non abbiamo previsto è che i tifosi sportivi, generalmente, hanno qualche difficoltà a fare il collegamento da “Super Bowl” a “patata” a “Cards Against Humanity”.
Ma come hai potuto vedere, la campagna di marketing è stata un clamoroso buco nell’ acqua, a partire dall’errata scelta strategica iniziale, ovvero quella di assumere un’agenzia creativa.
Per loro stessa ammissione infatti, e come primo punto di sfavore della campagna, trovi proprio l’assunzione dell’agenzia creativa.

Ecco cosa rispondo a chi dice che non faccio altro che prendermela con i pubblicitari e con le agenzie creative: questo caso singolare dimostra che non è così.
E per fortuna che l’azienda stessa ha scritto una testimonianza diretta.

Ma quindi la colpa non è dei pubblicitari!

Questa volta non è nemmeno colpa dell’idea scaturita dalla mente pubblicitaria, perché se hai letto attentamente il post, avrai notato che già a monte C.A.H., ritenendo il proprio settore “diverso” e fuori dagli schemi, aveva pensato di costruire un “Messaggio-non-messaggio” altrettanto inconvenzionale.

Stiamo parlando di uno dei rari casi in cui, mentre lo spot dell’agenzia avrebbe potuto funzionare (non lo sapremo mai), l’imprenditore ha licenziato l’agenzia perché non pensava abbastanza fuori dagli schemi.
No, caro amico. La colpa non è della pubblicità, né delle agenzie creative in sé.
La colpa è DELLA creatività intesa come “qualcosa di assolutamente fuori dagli schemi, in bilico tra arte e comunicazione, che non ha nessun altro obiettivo se non quello di attirare l’attenzione e far parlare di sé”.
Quando la tua pubblicità è solo arte figurativa, quando ha il solo obiettivo di scioccare l’utente, coglierne l’attenzione e spiazzarlo davanti a uno schermo, o davanti a un cartellone, sarà molto difficile riuscire anche a vendere e ottenere ritorni sull’ investimento.

Poco fa parlavo con una mia amica del caso “patata al Superbowl”, e lei con gli occhi sbarrati mi diceva:

“beh, ma secondo me è stata una genialata! Sicuramente la gente ne avrà parlato un sacco, no?”

Ecco, se questa mia cara amica fosse a capo di un’azienda e ne dovesse discutere le strategie di marketing, si troverebbe in brevissimo tempo in guai grossi come il mare, con questo tipo di mentalità.
Abbiamo appena visto come il fatto che la gente ne parli e basta non è un indicatore da prendere in considerazione se stai pubblicizzando un prodotto, un servizio o un brand.
Se la gente ne parla ma non acquista farai la fine dei poveri imprenditori americani costretti a battere in ritirata sul mercato perché hanno esaurito il denaro.
L’operazione compiuta dagli imprenditori creativi è quanto di più simile ci possa essere a un’azione di guerrilla marketing, o a una campagna improntata solo sulla viralità.

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Il pensiero laterale, il pensare fuori dagli schemi, non solo non serve a nulla, ma può metterti in grossi guai se non è supportato dalle tre (anzi, quattro) colonne di quella che oggi chiamano la regola Errede™:

  • Il motivo per cui una persona dovrebbe acquistare il tuo prodotto o servizio piuttosto che quello di un altro

  • Una proposta di vendita unica, che Ogilvy chiama anche la “big idea” attorno alla quale ruota il tuo advertising

  • Delle credenziali che diano al tuo nome credibilità e fiducia

Certo che in questo caso però sarebbe bastato anche solo mettere il logo dell’azienda e magari un payoff.

Ma che cosa c’entra tutto questo con gli errori di ortografia di cui mi hai parlato nel titolo, scusa…

Niente.

In realtà in questo stesso articolo voglio parlarti anche di un altro caso, questa volta un caso nostrano e abbastanza recente, che ha creato non pochi “flame” sui social network.
Se non conosci il termine “flame” allora prima di leggere articoli sul marketing e pubblicità, dovresti un po’ aggiornarti sullo slang dei giovani (e non più giovani) internettiani, fratello.
Un flame è quando da un post di qualsiasi genere scatta una discussione in cui gli animi si infiammano parecchio . Da qui flame, fiamma.
Il caso che ha senza dubbio fatto parlare moltissimo gli addetti al settore e non, è sicuramente un’amore di case history.
Sì, hai letto bene. Un’ amore.
A questo punto hai probabilmente già capito di cosa voglio parlare: gli annunci diffusi a mezzo internet e stampa di Real Time con il famoso errore di ortografia, “un’amore” invece che “un amore”.

Forse non è del tutto corretto parlare di case history, visto che i risultati della campagna non sono ancora stati resi noti.
Noi tutti ci chiediamo se dopo tutti quei soldi spesi in annunci con un errore ortografico per attirare l’attenzione su di sé, il canale TV abbia avuto qualche tipo di ritorno finanziario.
Ma facciamo un passo indietro.

Mi sveglio il giorno di San Valentino…

Mi sveglio il giorno di San Valentino dando un bacio a mia moglie, salutando il mio piccolo che si appresta ad andare a scuola, dopodichè mi faccio la doccia e apro come consuetudine la mia bacheca Facebook.
Mi trovo la bacheca invasa da foto di pagine di giornale, affissioni e post condivisi da praticamente chiunque.
Una pagina a pagamento su cui c’era un annuncio con un errore di ortografia abbastanza clamoroso.

La pubblicità è dell’emittente di Discovery, Real Time.

La prima reazione è di ilarità, sfottò e battute sull’ignoranza del copywriter e della redazione tutta.
Dopodichè i primi sospetti: e se l’avessero fatto apposta? Se fosse tutta una strategia studiata per attirare l’attenzione delle persone su di sé?

Insomma, possibile che abbiano lanciato davvero una campagna così consistente su diversi mezzi di comunicazione, senza essersi accorti di una così colossale castroneria?

Ebbene, la risposta arriva il giorno stesso e direttamente da Real Time.

Insomma, la campagna è stata una sorta di “teaser”, un’anticipazione a quello che realmente era il messaggio di Real Time.
La strategia adottata in questo caso segue quasi tutte le regole del guerrilla marketing, (tranne quella del basso costo, che dovrebbe essere uno degli elementi costitutivi di questa strategia).

Guerrilla marketing?

Nel guerrilla marketing si possono distinguere due fasi, che possiamo chiamare fase della “sorpresa e fase della “spiegazione”.

Nella prima fase, l’utente viene assorbito e coinvolto tramite un elemento di disturbo che spezza la sua monotonia, in una situazione in cui non se lo aspetterebbe. Elemento che spiazza e fa scattare la curiosità.
Poi c’è una fase in cui viene svelato l’arcano, o attraverso l’aggiunta di un secondo elemento, o tramite una spiegazione diretta dell’ideatore.

A cosa servono le campagne di guerrilla marketing?

I più creativi dicono ad aumentare la brand awareness.
La realtà è che il guerrilla marketing ha il solo obiettivo di dare sfogo alla creatività del pubblicitario, che con la mente annebbiata dai leoni a Cannes, segue il principio ormai troppo usato in pubblicità, del “bene o male purchè se ne parli”.

Aspetta però, perché questo caso di Real Time è un caso sui generis.
Perché in questo caso, per come è nata e per come si è evoluta la storia, nessuno degli utenti saprà mai se la risposta sia stata una paraculata o se sia stata pensata dall’ inizio.
E lasciare il beneficio del dubbio al popolo dei social network non è mai una buona cosa.

Perché la campagna di Real Time non ha avuto successo?

Perché se ne è parlato in modo negativo. Perché l’ignoranza sta antipatica e perché la fase della “sorpresa” non è stata abbastanza convincente.
Spiego meglio.
Di solito in un’azione di guerrilla marketing, la seconda fase della “sorpresa” dovrebbe riportare definitivamente l’utente da uno stato di sorpresa, di incertezza, a uno stato di “certezza”.
Dovrebbe avere il “fattore wow”.
Per quanto poco serva ai fini della pubblicità, dovrebbe fare in modo che la persona pensi: “Ehi, wow! Questa sì che è stata una gran figata!”.
Ebbene, per Real Time c’è stato qualcosa in questa fase che non ha funzionato, e che adesso ti spiego.
Nonostante la risposta di Real Time sia arrivata il giorno stesso, con il messaggio e il video che hai visto sopra, per le persone è stato talmente fastidioso vedere un errore di ortografia su un annuncio pubblicitario che nella fase della sorpresa non c’è stata sorpresa, non c’è stato “wow”.

Tutti hanno preferito continuare a pensare che l’emittente avesse solo messo una pezza a un errore e che stesse cercando solo di pararsi il culo.
Real Time non ha considerato una cosa fondamentale: alla gente non piace sentirsi presa in giro.
E così tutti quelli che prima avevano commentato con frasi di sfottò e prese in giro, piuttosto che ammettere di essere caduti nella trappola come polli (perché così è stato effettivamente, me compreso), sono rimasti dell’idea che l’errore di ortografia sia stata nient’altro che una svista.

Ma c’è un ulteriore motivo per cui questo annuncio più che effetto “wow” ha ottenuto un effetto “bleah!”

Il motivo è che la risposta di Real Time ha, a tutti gli effetti, dato la sensazione agli utenti che i creativi in questione si stessero arrampicando sugli specchi.
Tant’è che anche i più disillusi, anche tutti quelli che hanno pensato subito al viral marketing, hanno sentito le unghie dei creativi stridere sul vetro.
Riprendiamo un attimo la fase della spiegazione.

L’amore non ha età, sesso, razza, né regole. L’amore non è mai un errore.
Insomma, tutte argomentazioni che con la grammatica italiana e con gli errori di ortografia non hanno assolutamente nulla a che fare.
Nessuno ha mai messo in discussione il fatto che l’ amore sia un sentimento libero e senza distinzioni.
Oddio, forse qualcuno ancora c’è, ma non è questo il momento di parlarne.
Il fatto è che questo NON c’entra niente con la grammatica.

E dell’ appello all’ Accademia della Crusca? Ne vogliamo parlare?

Non è finita qui.

La stessa Real Time, durante la fase massima di viralità del topic, ha lanciato questo appello all’ Accademia della Crusca:

“In tutto il mondo l’amore assume mille forme diverse e non si cura dell’età, delle convinzioni religiose, del colore della pelle, del genere o dell’orientamento sessuale. I pregiudizi e la discriminazione iniziano dal linguaggio, dalle parole. Per combatterli dobbiamo partire dalla lingua, perché sono le parole che influenzano il nostro modo di pensare.
In italiano la parola “amore” è di genere maschile.
Chiediamo all’Accademia della Crusca di poter scrivere la parola amore sia al maschile sia al femminile. Un amore universale, che certifichi in ogni momento la legittimità dell’amore, di ogni genere di amore.
In tal modo vogliamo istituire il genere neutro per la parola amore. Anche se il genere neutro nella nostra lingua non esiste”.

Continuo a non capire, e a non trovare un nesso logico tra il continuare a concepire l’amore come un sentimento libero e senza vincoli, e lo scrivere correttamente in italiano.

Ma se qualcuno ha un’ opinione in merito, mi illumini perché continuo a non raccapezzarmi.

Conclusioni

La tendenza umana a sottolineare gli errori degli altri e criticarne l’operato si è talmente acuita con i social network da diventare una vera e propria piaga sociale.
Se da un certo punto di vista la campagna di Real Time è servita a portare allo scoperto i vari creduloni, faciloni e ingenuotti che popolano il web, per lo stesso motivo è risultata antipatica e ha allontanato ancora di più.
( Attenzione, non sentirti offeso se anche tu hai creduto nell’ errore.
Anche io all’ inizio ci ho creduto, ma la mia perplessità è durata ben poco.

Riflettici un attimo.
Quale senso logico avrebbe potuto avere una campagna così massiccia offline e online con un messaggio che, se non avesse avuto l’errore di ortografia, sarebbe passato inosservato tra le migliaia di messaggi di San Valentino?
Voglio dire, se l’emittente ha speso i soldi che ha speso per acquistare spazi sul Corriere Della Sera e su altri giornali, affissioni e campagne online, sicuramente avevano pianificato a monte un’operazione per suscitare scalpore e creare un ritorno in “ne stanno parlando”.
Così ho fatto le mie considerazioni, io, che continuo sciaguratamente a riporre fiducia nell’animo e nella mente umana, ho scelto di non credere che non sia possibile che un intero staff, tra redazione, responsabili marketing e agenzia di comunicazione, non si fossero accorti di un errore così clamoroso.)

Il problema è sempre quello: i ritorni in “ne stanno parlando” non comprano da mangiare.
Come ti dicevo anche prima, purtroppo il caso di Real Time non può essere chiamato case history, poiché non abbiamo riscontri ufficiali dei risultati della campagna.
Sicuramente avrà fatto parlare molte persone.
Ma oltre a far parlare le persone e, forse, aver fatto vendere qualche copia in più al Corriere della Sera, sarei davvero curioso di scoprire se ha ottenuto qualche altro risultato finanziario.

Un altro aspetto che tu imprenditore non devi dimenticare quando pensi di seguire strategie di viral marketing, instant e guerrilla marketing, e tutte quelle azioni finalizzate solo a gonfiare i vanity metrics (come like, condivisioni e commenti sui post), è questo.

Il popolo di Internet dimentica rapidamente

I social network sono costantemente bombardati da notizie virali e trend topics cambiano ogni ora.
Questo velocissimo “turnover” di argomenti di cui parlare, tende a rimpicciolire di molto la capacità degli utenti di ricordarsi di cosa si parlava anche solo pochi giorni prima.
Su internet e su Facebook ogni singolo giorno c’è qualcosa di diverso di cui parlare, e difficilmente il picco di viralità di quella notizia supera le 24 ore.
Ieri si parlava di un’ amore senza accento, oggi si parla della nuova scoperta della NASA, domani si parlerà di un’altra cosa ancora e tutti quanti si saranno dimenticati della cosa.
Che cosa vuol dire questo?
Vuol dire che se tu sei un imprenditore serio, se hai bisogno di dare alla sua azienda il carburante giusto per costruire un brand solido, e decidi di investire malauguratamente i tuoi soldi in campagne virali piuttosto che in pubblicità a risposta diretta e farti inculare da trovate creative ed emozionanti, fai pure.
Ma sappi che se la tua campagna virale non dà al consumatore:

  • niente di più di qualcosa che tenga banco per qualche ora sui social

  • un motivo valido che lo spinga a compiere un’azione ben precisa verso il tuo brand o verso ciò che tu vendi

  • un motivo per cui NON rivolgersi al tuo competitor

I tuoi soldi investiti in advertising faranno la stessa fine di quelli investiti dagli sprovveduti imprenditori americani di Cards Against Humanity, o da Real Time per tappezzare le città di cartelloni e comprare pagine sui giornali.

Fra qualche giorno la gente si sarà già scordata di Real Time e della proposta indecente (e stupida) fatta all’ Accademia della Crusca.
Se stai spendendo i soldi per far parlare di te sul web con trovate virali e divertenti, è come se tu stessi cercando di insegnare le tabelline a un pesce rosso.
Tempo perso, e soprattutto budget bruciato.
Se invece vuoi iniziare a fare sul serio e giocare da vero playmaker nel tuo settore di mercato, contattami direttamente o tramite la mia pagina Facebook o tramite la pagina contatti di questo sito.
Ti auguro un ritorno sull’ investimento che è tutto un programma.

Cosimo Errede