L’orgasmo più intenso mai provato in tutta la tua vita? Il prossimo ovviamente

Ecco come alcuni BIG BRAND si sono affidati alla corrente “ASMR” (Autonomous Sensory Meridian Response) per far raggiungere agli spettatori dei propri spot veri e propri “orgasmi cerebrali” (o almeno ci hanno provato).

Cos’è l’ASMR?

I suoi promotori la intendono come una risposta fisica ad uno stimolo uditivo e visivo: una sensazione piacevole a cui è collegata una forma di rilassamento che ha come unico scopo quello di vendere.

Ti vedo incredulo e diffidente.

Sicuramente sarai molto confuso se non hai mai sentito parlare di tutto questo, ma non preoccuparti.

Stenti ancora a credere che un “orgasmo” possa avere qualcosa a che fare con le tue campagne pubblicitarie o più in generale con il TUO business?

Ora ti spiego tutto. 

Inizialmente parlerò di BIG BRAND ma come ben sai, il mio unico scopo è quello di rendere te, caro imprenditore di PMI, un “esperto” osservatore, pronto a cambiare la rotta del suo business già da ora. 

L’orgasmo a cui mi riferisco dalle prime righe di questo post, è a livello cerebrale: infatti questa tecnica viene identificata come un vero e proprio “orgasmo del cervello”.

Come funziona?

Sussurri, ticchettii su qualsiasi materiale, rumori di carta/plastica stropicciata, liquidi versati in un bicchiere: questo e molto altro è l’ASMR.

Un fenomeno legato alla sfera psicologica umana che si basa sulla realizzazione di video in cui si riproducono suoni amplificati in grado di farti desiderare ardentemente quel prodotto (?) e farti contemporaneamente rilassare (?).

Nota i punti interrogativi tra parentesi. Tra poco ti spiego il motivo per il quale li ho messi.

Negli ultimi anni questa “moda” ha preso molto piede in America, ed è utilizzata da alcuni BRAND che (RI)trovano in questa innovazione la voglia ossessiva di attrarre nuovi clienti.

Ma funziona davvero?

Provarle tutte non è un reato (affidarsi anche a questo tipo di persuasione derivante dalla creatività), siamo esseri umani.

In fin dei conti se ti dicessi a priori: NO NON FUNZIONA, probabilmente peccherei di superbia.

Infatti il marketing, in ogni suo aspetto, è test, miglioramento, test, e così via all’infinito.

Per questo non diamo per scontato nulla.

Ragioniamoci comunque un po’ sopra, sulla base di logica e conoscenza delle migliori tecniche testate che funzionano quasi sempre.

Aggiungo che continuare a perseverare nell’errore assolutamente SI, È REATO (e siamo qui per fare in modo che questo non avvenga).

Facciamo un passo alla volta.

Adesso ti faccio vedere il primo spot che ho scelto per te.

Ti sei sentito catapultato in un’altra dimensione? È giusto che sia così.

E’ la sensazione che ho provato anch’io.

In un paesaggio mozzafiato, una ragazza sussurra e ti invita a bere una birra ghiacciata. Lo fa prima picchiettando con le dita la bottiglia di vetro, poi facendo roteare il fondo della bottiglia sul tavolo.

Suoni amplificati che dovrebbero trasmettere un senso di relax totale, di immersione completa nelle sensazioni visive e uditive.

ATTENZIONE!

Non dare per scontato che funzioni.

La mente umana è manipolabile fino a questo punto?

Probabilmente sì.

Ma adesso ti faccio riflettere ancora un po’: una visione critica e consapevole è quella che serve per trarre vantaggi per il tuo business.

Mentre guardavi lo spot, stavi sognando di bere semplicemente una birra ghiacciata o stavi immaginando di bere una birra ghiacciata MICHELOB organic light lager?

È proprio questo il punto.

La risposta la sento già riecheggiare nelle lande desolate (per rimanere ancora un po’ immersi nello spot, dai) della pubblicità bella ma che non vende, di cui sono pieni i media.

Ti semplifico tutto e la risposta te la do io!

TI VIENE VOGLIA DI BERE UNA BIRRA. UNA BIRRA QUALSIASI, NON NECESSARIAMENTE UNA MICHELOB.

Perché dico questo? Ora te lo dimostro.

Michelob è un BIG BRAND.

Un big brand che però non è leader nel suo settore. Attualmente al 5° posto nell’indice di vendite di birra in USA.

Ma ATTENZIONE! Al 5° posto della speciale classifica per vendite in tabella (dati 2017 – fonte www.statista.com) c’è la MICHELOB ULTRA. E non la Michelob Ultra Pure Gold Organic Light Lager.

Hanno quindi sparato una cifra mostruosa per apparire al Super Bowl per presentare un’estensione di linea del loro prodotto di punta.

La prova che quello che sto dicendo NON è una fesseria?

A giudicare da questo articolo su Business Insider, grazie a Michelob gli Americani hanno scoperto l’esistenza della tecnica ASMR. Ma la birra non ha avuto riscontri positivi. Tutt’altro direi.

Quando parliamo di BIG BRAND, come abbiamo già approfondito nel post “Alleluja Ferrarelle”, dobbiamo far riferimento solo ed esclusivamente al BRAND POSITIONING.

LA PUBBLICITÀ NON È COMUNICAZIONE. LA PUBBLICITÀ È POSIZIONAMENTO (Al Ries | Enciclopedia del Branding).

Ribadire in maniera ossessiva un unico concetto posizionante per penetrare (e rimanere) nella mente del prospect.

Semplicissima PUBBLICITÀ SCIENTIFICA. Solo questo avrebbe dovuto fare Michelob.

Invece?

Michelob non ha un posizionamento di marca ben definito.

Rimane una campagna pubblicitaria anonima, che non trasmette nessun canone specifico in riferimento al prodotto.

Dopo questo spot cosa conosci di questa birra? Ti ricorderai di qualche caratteristica particolare?

NO.

Perché MICHELOB NON POSSIEDE UN CHIARO POSIZIONAMENTO NELLA MENTE DEL POTENZIALE CLIENTE.

Michelob fu creata nel 1896 da Michelob Michelob, un mastro birraio boemo della città di Saaz. La definizione di questa birra è stata a lungo “LA BIRRA ALLA SPINA PER INTENDITORI”. Oggi quel posizionamento non esiste più. Michelob è semplicemente UNA BIRRA TRA TANTE.

E investire cifre a 6 zeri per far uscire questo spot al SUPERBOWL 2019 per pubblicizzare NON TE STESSO MA LA CATEGORIA BIRRA, forse non è proprio un’idea brillante.

Adesso voglio spiegarti come questi concetti siano estremamente determinanti per la comprensione di quello che sto per dirti.

Adesso ti faccio vedere lo spot di RITZ, un BIG BRAND, leader (LEADER È LA PAROLA CHIAVE) nella vendita di snack sotto forma di crackers rotondi.

Quando parliamo di Brand Positioning, iper-semplificando possiamo dire che essere posizionati significa possedere UNA PAROLA (o un concetto) nella mente del target. 

Nel mondo dei big brand esistono LEADER E CO-LEADER. E si, anche se a cascata ne vengono fuori a migliaia lì sotto, questi si spartiscono solo le briciole.

L’esempio tipico è quello relativo al settore delle Cola.

Leader COCA COLA —> posizionata nella mente del target come la Cola ORIGINALE

Co-Leader PEPSI COLA —> posizionata in opposizione al leader come la Cola che bevono i giovani e non i “matusa”, che bevono Coca Cola (Pepsi Generation).

Quindi Coca Cola puó permettersi di fare una semplice pubblicità di immagine poichè nella mente esistono loro e al massimo quelli della Pepsi.

Oltre queste due Cola che altro ti viene in mente? Forse la Virgin Cola di R.Branson? Ok, ci ha provato, è vero. Se non lo sai sto per darti la ferale notizia. La Virgin Cola ha chiuso baracca e burattini. Ok, dai, ce ne sarà un’altra sugli scaffali, no? Beh, se la trovi fammi un fischio. Io non ne conosco (ad eccezione di qualche roba da superdiscount a 10 centesimi per ettolitro).

Vogliamo parlare anche del duello mondiale tra Mc Donald’s e Burger King?

Un altro esempio lampante.

Leader Mc Donald’s -> è il fast food n. 1 al mondo (perchè è il numero 1? Semplice. Perchè è stato il primo, e una delle fondamentali leggi del marketing è, appunto, MEGLIO PRIMI CHE MIGLIORI – Al Ries & Jack Trout).

Co-Leader Burger King -> che si posiziona nella mente del consumatore come il fast food che utilizza IL FUOCO per la cottura dei suoi hamburger. Si pone in opposizione creando una categoria che si contrappone alla cottura su piastra elettrica del leader.

Altrettanto possiamo dire per RITZ. Che nel settore dei crackers ha generato una categoria divergente creando quella dei crackers snack rotondi da passeggio o da aperitivo. Ed avendo creato la categoria (per PRIMI) ne sono leader.

Riassumendo:

Michelob e Ritz hanno fatto la stessa cosa. Una semplice pubblicità di immagine condita da ASMR.

Con Michelob non funziona perchè sono uno dei tanti brand a rincorrere il leader.

Con Ritz funziona. Perchè sono leader.

Il giro di boa

Svolgendo le ricerche per la stesura di questo post, mi sono imbattuto in alcune pagine salienti del libro NEUROMARKETING di Martin Lindström in cui si fa riferimento ai marcatori somatici.

TROVATO!

Ho pensato tra me e me. È questa la chiave di volta che permetterà a te caro imprenditore, di comprendere ed assimilare tutto quello che ti ho detto fino ad ora.

Parliamo di “leva piacere” e “leva dolore”: DUE FORZE CHE CI GUIDANO NELL’AGIRE.

Il concetto di “leva”, proprio come il principio in fisica, indica una macchina semplice che non trasforma l’energia ma reindirizza le forze.

Nell’essere umano le forze che fanno muovere queste leve sono proprio quelle del piacere e del dolore.

La nostra mente gestisce istintivamente le nostre scelte in relazione all’emozione che un determinato spot o campagna pubblicitaria provocano.

Tornando a degli esempi pratici…

Con lo spot di RITZ sicuramente la leva del piacere FUNZIONA perfettamente solo perché si tratta di un leader (il primo a produrre crackers tondi e che per il suo brand positioning di ferro fa pensare solo ed esclusivamente a RITZ). 

Lo spot infatti, riesce a trasmettere al prospect il desiderio di assaggiare QUEI biscotti salati e rotondi. Ti fa venire l’acquolina in bocca (e ti spinge ad andare a comprarli subito).

Ci riferiamo comunque, come abbiamo detto in precedenza, ad un BRAND leader nel settore.

A differenza dei Ritz, nello spot della birra MICHELOB, la leva del piacere NON FUNZIONA. 

Infatti come abbiamo già detto, in quel caso, viene sicuramente voglia di bere una birra ghiacciata ma non di bere, nello specifico, una MICHELOB.

La paura di soffrire e di provare dolore spinge un consumatore a soddisfare un bisogno e quindi comprare il prodotto pubblicizzato.

Il “segreto” è racchiuso tutto qui, in questa frase.

Ma approfondiamo ancora.

In tutti i settori merceologici i brand, nelle loro campagne pubblicitarie, stanno giocando sulla paura, cercando di spaventare e far pensare al potenziale cliente che senza quel determinato prodotto, non si potrebbe PIÙ vivere.

Quasi come un cappio al collo, la paura di non “essere all’altezza” ci spinge prima a provare timore poi a “risolverlo” con l’acquisto.

Non parliamo di magia. Ma di un meccanismo mentale sul quale ultimamente i brand stanno facendo tanta leva.

Ti faccio qualche esempio:

  •       Il baby shampoo NON PIÙ LACRIME della Johnson’s. La campagna pubblicitaria evoca la paura di sentire gli occhi bruciare (e di conseguenza piangere). Questa stessa paura è quella che promette al cliente di non provare più dopo l’uso dello shampoo. Meccanismo contorto? Peraltro NON PIÙ LACRIME È UNA POTENTISSIMA USP

  • Il dentifricio COLGATE

In questo spot si afferma che “secondo studi clinici, Colgate Total combatte i batteri e problemi gengivali fino all’88%”

Qui Colgate “aiuta a combattere i batteri” per una bocca più sana.

Sul sito web di Colgate è possibile trovare una marea di collegamenti a disturbi e malattie derivanti da una scarsa pulizia dei denti. In pratica QUALUNQUE malattia tu abbia può essere collegata ad una scarsa igiene orale. 

Cosa fare per evitare tutto questo? Ovviamente comprare Colgate per scampare alla morte certa.

La leva dolore funziona sempre? Assolutamente no. Come non citare l’esempio delle sigarette, con le immagini e le diciture raccapriccianti stampate sui pacchetti?

Far leva su queste paure e su potenziali disturbi e malattie future non sortisce alcun effetto nei fumatori incalliti. Essi possono leggere in questo tipo di pubblicità solo un “rimprovero” fine a sé stesso, e quindi inutile.

Funzionerebbe un messaggio calibrato ad hoc per farli sentire stupidi. Non per farli sentire in pericolo.

Come hai potuto notare da questi esempi, la leva dolore risulta più potente ed efficace rispetto alla leva piacere.

Oserei dire anche più sottilmente subdola.

Infatti la leva dolore va ad intercettare il tuo dialogo mentale, penetra nel tuo cervello e fa leva sulle tue insicurezze e sulla tua paura di perdere ció che hai. 

La paura (IL DOLORE) di essere privato di qualcosa è molto più forte della voglia di ottenere qualcosa.

Ma aspetta un attimo! Mi avevi detto che mi avresti parlato di grandi brand, ma che avrei potuto usare per la mia attività commerciale queste tecniche. Allora, che aspettiamo?

Ok, hai ragione. Infatti tutto questo discorso sui BIG BRAND non è stato scritto per soli scopi divulgativi, ma potrai farne tesoro e migliorare il tuo business.

So benissimo che tu che stai leggendo, caro imprenditore, hai una micro/piccola/media impresa e penserai che questo discorso sulle grandi marche, possa esulare dal tuo raggio d’azione.

Logico, ma non necessariamente vero. Infatti il piccolo sforzo che ti chiedo di fare è proprio questo. So che si tratta di qualcosa di controintuitivo, per questo ti chiedo di comprendere il nesso e scoprirai che è proprio da questi concetti che deve ripartire il tuo business.

Far leva sul piacere o sul dolore per ottenere il massimo dalla tua pubblicità.

Hai già immaginato come potrebbe essere la tua prossima campagna pubblicitaria se impostata secondo queste leve? 

In relazione al tuo prodotto/servizio, sarebbe più efficace la leva del piacere o del dolore?

Ti lascio riflettere.

Intanto, sia che tu abbia provato piacere nel leggere questo articolo, o che ti sia messo le mani nei capelli perché hai capito che la tua solita pubblicità NON PUÓ FUNZIONARE per i motivi che ti ho detto prima, hai comunque a portata di mano un’opportunità che ti consiglio di NON lasciarti sfuggire.

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