La splendida strategia di marketing che tutti gli imprenditori dovrebbero vedere (ma non vedono mai)

Caro creativo lagnoso svegliati o cambia mestiere e cercati un posticino fisso.

Il post che ogni creativo lagnoso dovrebbe leggere.

Un po’ di tempo fa il portale di Radio105 ha portato all’attenzione dei suoi utenti una simpatica (non c’è che dire) campagna creativa, con nome “Stop on the Spec”.

La campagna, “realizzata dall’agenzia di comunicazione milanese Fasten Seat Belt, si pone l’obiettivo attraverso un video molto significativo, di diffondere il concetto che i lavori creativi devono essere pagati prima, così come avviene per tutti gli impieghi” .

Sono molte le agenzie a lamentarsi delle aziende in Italia che speculano sul lavoro portato avanti dalle agenzie di comunicazione pubblicitaria, dal libero professionista o comunque dai singolo creativi.

Quindi la dinamica che denunciano è quella del “mercato delle idee”: l’azienda commissiona le proprie campagne pubblicitarie attraverso una gara alla quale le agenzie concorrono con le loro proposte creative per ottenere l’incarico.

Il morale della favola è che ci sono tante agenzie che lavorano, ma alla fine ne viene pagata solo una, quella che vince.

Mettiamo “lavorano” tra virgolette? Mettiamolo.

L’agenzia di Milano racconta nel video in questione la struggente realtà di “ogni creativo singolo, e ancora di più ogni agenzia creativa, che deve affrontare a sua volta un budget di spesa per partecipare a queste gare. Gare che, solo se vinte, comporteranno un introito. Altrimenti, la sfida sostenuta sarà una voce di spesa senza ritorno”.

Nel video la protagonista è una ragazza, probabilmente una dipendente di un’agenzia creativa, che entra in diversi negozi (dal giornalaio, in un bar, a una bancarella del mercato…) e domanda, così come fanno gli imprenditori ai creativi, di poter “testare il prodotto” e, una volta appuratane l’efficacia, di pagare solo in un secondo momento, SE soddisfatta.

“Posso prendere un caffè senza pagarlo, berlo prima e pagarlo dopo solo se mi piace?”

Perché tutto questo?

“perché dire no all’ On Spec – dicono – significa costringere gli interlocutori, siano essi grandi brand o singole persone fisiche, a credere nel nostro lavoro, a scommettere sulla creatività che noi siamo in grado di dimostrare, senza “assaggiarci”, senza avere il privilegio gratuito di avere a disposizione diverse idee per un solo progetto, per poi pagarne una sola. Forse.”. …

Allora. Prima di entrare nel vivo della questione, è bene che adesso parliamo di una cosa.

Cosa significa oggi credere nel lavoro dei creativi?

Dato per assunto che senza dubbio la campagna è interessante, sembra quasi assumere valore istituzionale, in sostanza si potrebbe anche dire che “raggiunge l’obiettivo”.

Detto ciò, io, come advertiser, mi dissocio TOTALMENTE da un messaggio del genere, da QUESTO messaggio comunicato IN QUESTO MODO, e vorrei che lo facessero anche tutti i pubblicitari a cui è rimasto ancora un briciolo di amor proprio.

Io non mi sento rappresentato da chi cerca di fare pena al proprio consumatore con le campagne di sensibilizzazione, e adesso ti spiego anche perché.

Partiamo dal punto primo.

Qual è l’obiettivo vero di questa campagna?

Hai mai visto un’azienda fare pubblicità lamentandosi del fatto che i suoi consumatori scelgono i prodotti della concorrenza non acquistando i loro, di prodotti … e dicendo che la concorrenza non dovrebbe esistere?

Difficile.

Più facile invece che pubblicizzino i propri prodotti esaltando i propri benefici e mettendosi in contrapposizione agli avversari.

In realtà se poi andiamo a vedere anche questi sono casi molto rari, soprattutto qui in Italia dove la competizione viene additata come fosse figlia del Diavolo. Ma questa è un’altra storia ancora.

Per quanto sia difficile la sopravvivenza sul mercato, per quanto grandi aziende e piccole medie imprese odino la parola “concorrenza”, questa continuerà ad esistere e ad aumentare nel tempo.

Nessuna impresa, società, azienda con un minimo di raziocinio nella testa  si sognerebbe di spendere tempo e soldi per fare campagne dicendo che la concorrenza non dovrebbe esistere.

Non lo fanno, punto e stop.

ATTENZIONE!!! É diverso dire “noi siamo meglio della concorrenza”  da  “la concorrenza non dovrebbe esistere”!

Questo lo specifico nel caso tu stia pensando  cose del tipo: “eh ma allora quando Coca Cola fa le campagne contro la Pepsi?”.

Sono due cose diverse, perché lì Coca-Cola ti dice: “guarda, esistono anche loro ma sono più scarsi, noi siamo la cosa vera”, non ti sta dicendo: “è uno scandalo che esistano altre cole sul mercato e che l’utente possa scegliere quale comprare”. Semplicemente non avrebbe senso.

Chiusa parentesi, andiamo avanti.

Costantemente, ogni giorno, ogni minuto e ogni secondo di ogni singola giornata, la gente sceglie di dare soldi a qualcuno piuttosto che a qualcun altro.

Ogni giorno nel mondo, al sorgere del sole, un’azienda spende soldi, fatica ed energie per mettere sugli scaffali prodotti, o servizi sui loro portali, che da molte persone semplicemente NON VERRANNO ACQUISTATI.

Perché?

Perché queste persone scelgono qualche altro prodotto della concorrenza, che costa di meno o che costa di più.

E perché? Perché il prodotto dell’azienda in questione fa schifo, o semplicemente non è altezza del suo concorrente, o costa di più.

Qual è l’obiettivo vero di questa campagna “Stop on the spec”?

Giustificare l’incompetenza di chi fa advertising oggi in Italia.

Cercando peraltro di insinuare il senso di colpa nell’imprenditore che deve servirsi di essi.

Oggi le agenzie creative hanno sposato la mentalità del famoso “fratello figlio unico” di cui cantava Rino Gaetano qualche anno fa: deriso, depresso, calpestato.

Il problema purtroppo non sta nella cattiveria dell’imprenditore, ma nell’insostenibilità, incompetenza e inadeguatezza dei lavori creativi proposti, e degli stessi operatori del settore che aggiungono oltre all’incompetenza, anche la pretenziosità.

L’advertising oggi  ha raggiunto un livello di saturazione e di impalpabilità tale da giustificare il fare sospettoso e malfidato non solo delle aziende verso le agenzie creative, ma anche dei consumatori stessi verso i pubblicitari e verso il mondo della pubblicità.

Perché una campagna del genere non solo non fa onore, ma scredita ulteriormente le agenzie creative più di quanto possano già essersi screditate negli ultimi anni?

Per almeno tre motivi che ti spiego fra pochissimo.

Ma ora ci tengo a spiegarti un’ altra cosa.

Una delle tendenze maggiori da molti anni a questa parte in Italia, praticamente in ogni aspetto della nostra vita e quindi anche nel mondo dell’advertising, è l’idea che la mediocrità debba essere difesa ad ogni costo.

Le persone attorno a noi continuamente ci esortano ad adottare questo tipo di mentalità.

La gente non fa altro che spingerti a essere mediocre.

Quello di oggi è un mondo in cui la competizione è sbagliata, denigrata e condannata: un mondo in cui non si concorre, ma si partecipa a una grande festa in cui tutti possono convivere allegramente e talvolta anche raggiungerlo assieme, quel premio.

Fino all’altro ieri ci hanno detto che tutti, nella piramide sociale, e quindi anche coloro che stavano alla base di questa piramide, tutti nella società meritavano ricchi premi in denaro.

Le banche hanno venduto l’idea che anche chi non potesse permetterselo economicamente, in fondo, meritava che gli venissero prestati dei soldi per comprarsi una casa subito.

“La distinzione tra le classi sociali non esisterà più.”

Questa idea, come puoi immaginare, ha venduto alla follia ed è stata acquistata alla follia dal popolo italiano.

Sai già come è andata a finire la storia.

“L’unico modo di progredire nella vita come persone originali e senza sentire il bisogno di gareggiare con nessuno è essere se stessi”.

Questa è solo una delle tante frasi motivazionali, quello al link solo uno dei tanti articoli scritti che incoraggiano le persone a non competere, a non essere competitive, a denunciare la competizione come qualcosa di pericoloso.

Sorvoliamo sul fatto che quelli che scrivono queste cose sono quelli che, dismessa la tonaca da filosofo zen vegano new age oggi tanto in voga, con la barba lunga e le Chuck Taylor ai piedi , si mette la maglia della nazionale di calcio e si piazza davanti al televisore a insultare madri e figlie di tutto il popolo transalpino.

Sorvoliamo anche sul fatto che questa tipica mentalità da italiano paraculo e buonista sia rivoltante.

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Torniamo nel campo dell’advertising.

Il vero problema di questo settore è che oggi il fornitore del servizio pubblicitario corrisponde esattamente al profilo descritto sopra.

Il lavoro creativo è diventato esclusivo appannaggio di chi, non riuscendo a trovare un proprio posto nel mondo, legge due libri sulla storia della pubblicità, studia come fare le campagne su Facebook e guarda le pagine social dei più grandi brand, e nel giro di pochi mesi apre un’agenzia creativa, pretendendo che le aziende paghino (anche profumatamente) i suoi lavori creativi.

Come si relaziona alla concorrenza? Come si relaziona al fatto che ci sono altre agenzie che possono vincere la gara?

  • Non certo facendo di tutto per prendere il coltello da parte del manico, no. Non è in linea con la mentalità creativa e zen dell’artista

  • Non migliorando il proprio servizio

  • Non facendo formazione

  • Non lavorando di più

  • Non studiando

  • Non trovando un solidissimo angolo d’attacco

  • Non combattendo per trovare una proposta unica al mercato

  • Non differenziandosi

  • Non scrivendo al potenziale cliente almeno 100 motivi per cui dovrebbe scegliere il loro lavoro piuttosto che quello di un altro

Non si attacca mai. È brutto. Non si fa.

Non è zen. È scorretto, ed è da deboli.

Piuttosto si lavora in difesa.

Cercando di suscitare emozioni, sentimenti di condivisione contro le ingiustizie del mondo imprenditoriale che si prende anche il diritto di scegliere tra un lavoro creativo senza senso e un altro lavoro creativo senza senso.

Facendo un bel video emozionale in cui si mostra come, quando vai ad acquistare un prodotto, nessun venditore di quel prodotto ti permette di provare prima e pagare poi.

La soluzione  a questa terribile ingiustizia forse sta sotto ai nostri occhi.

Perché tu, agenzia creativa che hai il poster di Steve Jobs in area relax, non fai lo stesso?

Ti svelo una cosa: “Steve Jobs e la contrapposizione”

Marketer creativo futurista e amante del melafonino e del fare così da sognatore di Steve Jobs, che hai il poster di John Lennon in camera.

Steve Jobs era un “maledetto figlio di puttana”, quando si trattava di fare advertising per la Apple.

Le sue presentazioni iniziali erano strutturate sulla distruzione totale dei suoi concorrenti.

Tutte le sue strategie, ogni sua singola parola, era strutturata sulla contrapposizione, sulla competizione con i suoi concorrenti, e sul colpire durissimo i loro punti deboli.

E sai cos’è successo?
Che a forza di colpire duro, di lavorare ai fianchi e imparando a incassare, oggi 1/3 della popolazione mondiale ha un suo prodotto a casa.

Steve Jobs non ha avuto successo perché era creativo. Non ha avuto successo perché “aveva un sogno”.

Ha avuto successo perché aveva un nemico da sconfiggere, ed è riuscito a farlo diventare il nemico comune di tante altre persone.

Perché? Perché nell’advertising funzionano così le cose, man.

Quando si tratta di pubblicizzare qualcosa o qualcuno, il modo efficace e di successo per farlo è farlo in continua contrapposizione ai competitors.

L’advertising è competizione.

È correre più forte per una gara, è sudare fino a notte fonda per costruire un’idea efficace e vincente, che spazzi via i tuoi avversari dal campo di gioco.

È giocare per vincere, perché per mangiare devi vincere.

E per vincere non ti basta battere il tuo concorrente, lo devi distruggere, perché rischi che alla fine della gara si muova ancora.

Quando mi chiedono “qual è il problema delle agenzie di advertising?”

È che non ragionano da azienda, da impresa.

Se ragionassero come un’azienda non avrebbero paura della concorrenza, e se non avessero paura della concorrenza, non ne avrebbero a rifiutare eventualmente una gara.

Attenzione, perché se questo concetto ti sembra esasperato, se ti sembra il parto di una mente folle che vuole conquistare il mondo, se credi che a parlare sia un esaltato, ti sbagli di grosso. Puoi anche smettere di leggere e dedicarti ad altro.

Questo concetto non è altro che uno dei principi basilari dell’advertising e del marketing: vuoi avere successo? Crea un nemico comune da combattere.

Qual è la campagna creativa che tutti gli imprenditori DOVREBBERO vedere?

Non vuoi lavorare con noi? Vai altrove.

Vuoi lavorare con noi? Non perdere tempo a imbastire gare. Siamo noi ciò di cui hai bisogno, perché a differenza di tutte le altre agenzie che fanno campagne olistiche virali e creative noi facciamo advertising grazie al quale puoi misurare le vendite.

La nostra è pubblicità per vendere, quella delle agenzie che competono con noi è pubblicità per stupire, emozionare, e che viene inesorabilmente, parola dopo parola, pagina dopo pagina, saltata a piè pari dal lettore con una scrollata di spalle.

Ragionando in modo freddo, posso dire che la campagna “Stop on the spec” non è efficace, per i 3 motivi di cui ti parlavo prima.

Perché la campagna STOP ON THE SPEC non è efficace?

Perché:

  • ignora un concetto basilare dell’advertising, che è quello della competizione.

Se un’agenzia sposa il concetto di competere e non teme il confronto vuol dire che creerà advertising efficace, perché basato sullo stesso concetto, che è quello di distruggere i competitors della tua azienda.

  • Perché non scatena nessuna reazione in chi lo guarda …

Se non un triste e opaco sentimento di condivisione tra i creativi spettatori, che invece di imparare a lavorare come si deve, imparano che prima di tutto la competizione è sbagliata, che devono fare pena ai loro clienti e che ogni idea stupida e inefficace gli passi per la testa merita di essere pagata, “perché in fondo è costata fatica”.

Quando la AVIS si rivolse a Bill Bernbach per le campagne pubblicitarie, non solo non ci fu alcuna gara (perché i concorrenti si ritirarono), ma fu lo stesso Bernbach a dettare le condizioni.

Ma come potrebbe un direttore creativo con la sciarpetta, i capelli a scodella, gli occhiali con la montatura spessa e le converse ai piedi, avere solo un decimo della personalità di un Bill Bernbach, o di un Mr David Ogilvy, o del signor John Kennedy?

Io, come pubblicitario, mi dissocio da questo modo di fare advertising, su se stessi e per i propri clienti, perché non porta ad aumentare le vendite, non porta clienti e non genera ritorni di investimento sostanziosi.

Mi rivolgo a tutti i pubblicitari.

Se sul mercato sei perdente la colpa non è del consumatore (l’azienda) che non ti sceglie.

È perché hai un pessimo prodotto.

È perché hai idee pessime e non conosci quello che funziona veramente, da secoli.

Non meriti di concorrere a una gara.

Cosa dovresti fare?

In sostanza: se non vuoi affrontare la concorrenza, ma non vuoi nemmeno lavorare gratis, semplicemente fai come fanno i negozianti di quel video.

Rifiuta l’offerta e procedi per la tua strada. “Posso prendere il caffè, non pagare e se mi piace forse pagarlo dopo?”  “No!”

“Posso vedere la tua proposta di campagna creativa e se non mi piace non pagarla e sceglierne un’altra?” “No, non puoi”

Sempre che tu te lo possa permettere.

Ed ora mi rivolgo a te, mio caro imprenditore …

Se hai letto con attenzione questo post, potrai immaginare quante antipatie mi attirerò  da qui a breve nel mio settore, tra influencers olistici zen e creativi e di tutti i venditori ambulanti di fuffa e slogan divertenti che ci sono in giro.

E ti assicuro che sono tanti, sono appostati dietro la porta del tuo ufficio, pronti a lanciarti negli occhi le loro coltri di fumo fatte di like, condivisioni, guerrilla marketing e video emozionali.

A questo punto devi capire una cosa.

L’unico tuo valido alleato per combattere questa guerra sono io.

Solo io e la mia agenzia di advertising diretto, che ho costruito mattone dopo mattone, posso riempire il tuo arsenale di bombe a mano da lanciare contro chiunque voglia spillarti migliaia di euro di campagne creative che ti deposizionano e non ti fanno vendere.

Contattami da qui, e sarò felice di combattere questa guerra al tuo fianco.

Non ho molto da offrirti, certo. Posso darti l’unica cosa che so fare bene.

Ma fortunatamente per me (e per te), è anche l’unica cosa che funziona: fare pubblicità che vende.

A presto

Cosimo Errede

NOTA IMPORTANTE: se dopo aver letto tutto questo post caro creativo lagnoso, deciderai di fare una bella PULIZZZIA KONTATTI PERKE LE PERZONE SONO FALZE allora fa’ la cosa giusta. Eliminami perchè almeno mi eviti la seccatura di farlo a me. Almeno una volta nella vita renditi utile, cribbio!