La pubblicità della nuova Audi fa schifo (se non sei un Tirannosauro Rex ricco e depresso)
Stamattina non avevo nessuna voglia di mettermi a scrivere. Lo ammetto, e ve lo giuro. Nessuna voglia.
Mi sono alzato un po’ più tardi, ho fatto colazione con calma e sono uscito di casa.
Ero di buonumore perché non c’era il solito classico folle “traffico romano”. Sarà perchè mi trovavo da un cliente a Belgrado. Un buonumore che mi aveva quasi fatto passare la voglia di sparare a zero sui pubblicitari.
Poi però ho acceso il computer e ho trovato questo.
Poi ho letto il post di Panorama al riguardo, e lo stomaco mi si è stretto.
E allora no, non è giusto, io stamattina non avevo voglia di mettermi là a far piovere sulla tastiera fiumi di sangue. Era quasi una bella giornata.
E ora invece, per colpa di qualche genio creativo e di un tirannosauro Rex depresso e rincoglionito mi tocca affilare le lame.
T-rex depresso di nuovo felice grazie al pilota automatico
Ti faccio un breve riassunto anche se lo spot in questione è diventato virale proprio oggi e quasi sicuramente sai già di cosa sta parlando.
Audi, in collaborazione con le menti geniali dell’ agenzia creativa digitale Razorfish, ha lanciato in rete la nuova perla creativa del momento: un cortometraggio di circa 1 minuto e 30 secondi con protagonista un Tirannosauro Rex.
Nel cortometraggio il Tirannosauro Rex lo si vede come voce narrante, trapiantato nella società di oggi, vittima del cyber bullismo, soffrire di una grave forma di depressione: la bestia viene costantemente presa in giro per le sue braccia corte con le quali non riesce a fare nulla (i meme sulle braccia corte del T-rex esistono davvero), e dopo un video di You Tube che diventa virale con milioni di views (in cui lo si vede in difficoltà a causa del suo problema), quello che dovrebbe essere un mostro temibile diventa un soggetto triste e malinconico.
Tutto questo fino a quando non scopre il nuovo modello dell’Audi che, grazie al sistema di pilota automatico, gli permette finalmente di guidare senza più il problema di arrivare a tenere il volante. Il T-rex ora che può guidare ritrova il buonumore.
Marchio dell’ Audi, fine dello spot.
Un successo totale nel web.
In tantissimi acclamano il nuovo spot così emotivamente coinvolgente, divertente e che tocca dei punti di attualità come cyber bullismo e depressione legata a esso (argomento accesissimo di discussione negli ultimi giorni per vicissitudini che non sto qui a riprendere) in modo anche simpatico dato che il soggetto è un Tirannosauro.
Le reazioni del webbe
Eh vabbè.
Il CEO di Razorfish ha affermato che:
“Con il filmato ‘The Comeback’ Audi ci ha permesso di creare un lavoro che non solo racconta la storia di un meme internet molto popolare, ma aggiunge anche una nuova dimensione ad esso. Questo dimostra grande comprensione del marchio e una particolare attenzione per i social media”.
Esattamente ciò di cui ha bisogno una casa automobilistica come la Audi per vendere macchine: “grande comprensione del marchio e attenzione per i social media”.
Un marchio del gruppo coinvolto nello scandalo di emissioni nel 2015, assieme a Seat, Skoda e Porsche, aveva senza dubbio bisogno di una particolare attenzione ai social per rivalutare il marchio.
Ma non fa niente, dai.
Mettiamo anche che per assurdo la valanga virale di like e condivisioni che avrà questo video possa servire al brand positioning di Audi.
Mettiamo che fra un mese qualcuno ancora se lo ricordi, questo spot.
Aspetta, ma qual è il modello di auto?
No, giusto così per sapere. Perché nello spot non c’è scritto. Ah no, aspetta.
Dopo una ricerca sul web io, che sono abbastanza ignorante quando si parla di macchine, scopro che si tratta di una tecnologia “Audi piloted driving”, il pilota automatico insomma.
Col volante che si muove e tutto. Figo.
Nello spot però non viene detto NULLA su questa tecnologia all’avanguardia.
Giusto per capire, adesso voglio chiederti una cosa.
Sei un imprenditore? Hai un’attività tua, un’azienda da pubblicizzare o qualsiasi altra cosa e vuoi fare pubblicità?
Allora devi ascoltarmi molto attentamente adesso, chiudi tutto il resto.
Ma è davvero così difficile da cogliere il fatto che questa pubblicità sia fatta solo ed esclusivamente per emozionare, per fare ridere, e che non c’entri assolutamente niente col vendere macchine, col posizionamento di marca e con il creare ritorni sull’investimento?
No, perché se non ti è chiaro allora c’è un problema gravissimo, e cioè che siccome quel video ti ha fatto divertire, ti è PIACIUTO, allora pensi: “Che figo!Lo voglio anche io così per la mia azienda!!!!”
Se la pensi così vuol dire che sei vicinissimo dal buttare fuori dalla finestra, direttamente nel fiume, una valigetta ventiquattrore piena di banconote da 500.
Ti hanno spennato per bene, i creativi della tua digital agency? Sappi che quei soldi se li bruciavi forse ti rendevano di più, magari per qualche assurdo motivo potevi dire che erano bruciati in un incendio doloso e avevi diritto a qualche tipo di risarcimento.
Se anche tu vuoi una pubblicità così per la tua azienda, allora c’è un problema: o sei convinto che il target giusto di chi compra Audi siano tirannosauri con le braccia corte, oppure hai un ego talmente smisurato che pensi che le cose che fa Audi vadano bene anche per te, perché “se le fanno loro allora è giusto”!
Ti sbagli, caro amico, te lo assicuro.
Quei cortometraggi così emozionali non funzionano, punto e basta. Non servono a vendere.
Non fanno vendere loro e non faranno vendere nemmeno te.
Solo che a te uno scherzetto del genere ti fa chiudere la baracca perché non sei Audi.
All’ Audi invece gli rosicchia il fatturato.
Qual è il target?
Il nuovo spot dell’ Audi è geniale, se il tuo obiettivo è coinvolgere e far battere le mani al fantastico regno dei webeti del social network
Facciamo un attimo una rapida analisi del target.
Audi è un marchio di auto “all’avanguardia”, caratterizzata dall’uso di tecnologie sempre avanzate, e di fascia premium, con una fascia di pezzo quindi medio-alta (per intenderci, la Audi A4 modello base va dai 35-40.000 € in su).
Non è tra le più costose, ma comunque per un R8 ti partono da 170 mila Euro a salire.
Ora, ammettiamo che un’Audi con installato un sistema di pilota automatico così avanzato possa presumibilmente costare di più del modello base. Forse anche molto di più.
Quanti dei fenomeni che hanno acclamato il genio creativo dello spot dicendo “pure io la voglio!!!!” potrebbero effettivamente permettersi di comprarsela?
SENZA finire sul lastrico, intendo.
Io sarei curioso di sapere se tutti quelli che hanno scritto: “Geni!” “Da togliersi il cappello!” “Come si fa a non volere un’Audi” e “Questi sono la shcuola del marketinghe!!!” e altre sviolinate varie, poi siano quelli che portano i soldi nelle casse di Audi.
Te lo dico io. No.
Quelli servono soltanto a non far licenziare fulmineamente l’agenzia creativa che ha curato la campagna quando gli amministratori delegati andranno a vedere se ci sono stati ritorni sull’investimento.
Me la vedo già la scena, guarda. Con l’AD che chiede spiegazioni e quelli dell’agenzia che dicono: “Ma abbiamo avuto un sacco di like, commenti e condivisioni!”
Peccato che i like e le condivisioni non vendano auto.
Ma quindi tecnicamente cosa vuol dire?
Tecnicamente vuol dire che lo spot coinvolge ed emoziona il target sbagliato.
Perché a meno che a guardare lo spot non sia un T-Rex depresso, (allora lì sì che siamo pienamente nel core-target, ma la vedo difficile), questo spot ha fallito quello che dovrebbe essere l’obiettivo di ogni campagna pubblicitaria: vendere un prodotto.
Tecnicamente non colpisce il target giusto, che sono quelli che possono comprarsi una macchina del genere.
Non coinvolge emotivamente il target giusto, che non sono quelli che hanno problemi agli arti. No, se eri pronto a dire: “Eh ma questa macchina è per quelli che poverini hanno problemi come il t-rexx…”no, lascia perdere. Davvero.
Questo sistema è per quello che caga soldi, che ama le tecnologie avanzate sulle macchine e le macchine sportive, che si sente un figo della madonna e soprattutto CHE VUOLE ESSERE IL PIU FIGO DI TUTTI GLI ALTRI CHE SONO POVERI.
Chiuso, quello è il target.
E quindi quello spot emozionale che ha fatto ridere tanti rampolli delle università dove “si studia il marketing” e i ragazzini che ridono col meme del dinosauro con le braccia corte ha totalmente mancato l’obiettivo.
Brand awareness? Storytelling? Sì, come no
Se stai per parlare di “brand awareness”, di storytelling emozionante per raccontare il brand o altre cazzate, scusa il termine, che ti hanno provato ad appioppare le agenzie creative per giustificare le loro follie, ti assicuro, lascia perdere, perché è una vergogna anche solo che stiano nella loro bocca, certi concetti.
C’è solo un esperto di questi concetti legati a come fare advertising, è americano, si chiama Al Ries ed è il miglior consulente di advertising, marketing e posizionamento di marca al mondo attualmente.
Vuoi provare a contattarlo e chiedergli cosa ne pensa?
Ti assicuro, ti dirà che non ha assolutamente niente a che fare con questi concetti.
Nello spot, oltre a non essere presenti gli elementi fondamentali per vendere (se non sai quali sono ti consiglio, se proprio no vuoi leggerti in inglese “How to write a good advertisement” di Victor Schwab”, almeno di leggere questo articolo), non c’è nessun elemento che possa creare posizionamento di marca.
Che cosa c’è di sbagliato in questa storiella emozionante?
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Non si può tralasciare il fatto che in un minuto e mezzo di storiella divertente non siano stati in grado di mostrare il vantaggio del prodotto (NON è quello che puoi guidare anche se non hai le braccia ti ricordo che il targeting è sbagliato).
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Non sono stati in un minuto e mezzo, in grado di provare che è una tecnologia sicura, dato che ci sono controversie enormi sull’utilizzo del pilota automatico integrale senza la razione umana alla guida. Ne sa qualcosa Tesla che ha già avuto guai seri scatenando off-topic ovunque al riguardo.
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Non c’è l’ombra di una chiamata a compiere una qualsiasi azione, ma a questa mancanza ingiustificata nella pubblicità ormai siamo abituati.
Eh, le pubblicità all’avanguardia sono emozionali e basta.
- Qui manca addirittura il nome del prodotto pubblicizzato, il sistema di pilota automatico, che appare in un frame del video sulla fiancata della macchina.
Al di là del sistema di guida, è anche sbagliato il supporto pubblicizzato su cui viene installato, cioè il tipo di macchina che guida il T-rex.
Cos’è, una macchina da rally?
E cosa vuol dire, che quel sistema può essere installato solo su quel tipo di macchina? (P.S: invito tutti gli espertoni di macchine a non lasciare il loro stupido commento indicando la marca dell’auto. Io la so. Probabilmente il 90% delle persone che ha fruito dello spot no)
E in quanti sono a girare su una macchina del genere?
Per tutta questa serie di motivi, anche se un sacco di influencers, luminari del marketing e geni creativi acclameranno la nuova campagna Audi, dal punto di vista dell’advertising efficace non c’è niente che funzioni in questo spot.
Per concludere
Ancora una volta sono riuscito ad attirarmi le antipatie di mezzo mondo. Eh vabbè. Pensare che non volevo nemmeno scriverlo questo articolo. Ma certe volte me le levano proprio dalle mani.
Ripeto per la millecinquecentesima volta:
la pubblicità non serve ad aumentare i tuoi vanity metrics, serve a portare a casa ritorni positivi sugli investimenti che fai in comunicazione
Se vuoi sapere come si fa, puoi venire a farti una chiacchierata con me nel mio studio scrivendomi da qui per fissare un appuntamento.
Per me aiutarti è un piacere.
Aiutarti a vendere di più, però. Non a farti emozionare, sia chiaro.
A presto,
Cosimo Errede
P.S.
Forse ci sarà anche qualcuno che dirà alla fine di questo post: “ma l’obiettivo non era mica vendere il sistema, era farlo conoscere a più persone possibile!”
Giusto. Tu spendi un sacco di soldi in campagne pubblicitarie per dire alla gente: “Lo sai che c’è anche questa cosa qui? Per carità, non ti sto dicendo di comprarla, anche perché non ti do nessuna ragione per farlo, però insomma … tu sappi che c’è!”
Anche se sei Audi stai facendo una grande cazzata.
Va bene, non saranno dinosauri stantii nel reparto creativo. Saranno pure creativi molto moderni, ma non hanno nemmeno idea di dove iniziare per vendere i loro prodotti.
P.P.S
Se vuoi posso indicarti uno a uno i nomi dei cosiddetti fenomeni, “influencer” luminari creativi e fuffamarkettari che diranno, dicono o hanno detto che questo spot è fantastico. Poi starà a te giudicare di chi fidarti.