Ciao Palermo, Monza is Calling!

Che caldo quella mattina…

Era il 21 Giugno 2021, il primo giorno d’estate. E da quando ne ho memoria, da palermitano DOC, il mio rito nel giorno del solstizio d’estate è quello di inaugurare la bella stagione facendo colazione con una buonissima ‘brioscina’ col gelato.

Erano le 10:30, il mio stomaco brontolava già e l’acquolina in bocca aveva raggiunto picchi di salivazione eccessivi: il mio unico desiderio era addentare nel minor tempo possibile il miglior gelato alla nocciola che riuscissi a trovare.

Mi sciacquai il viso molto in fretta, scesi da casa direttamente in costume perché, si sa, a Palermo il primo bagno al mare dell’anno lo si fa già a partire dai primi minuti di Maggio; figuriamoci a metà giugno.

Il sole picchiava forte. Non avevo intenzione di uscire a piedi e farmi una sauna gratuita dentro un autobus con tanto di mascherina. La mia vespa 125 mi aveva abbandonato giusto una settimana prima. Mi toccava andare in auto. Dopotutto, chi mai oserebbe disprezzare l’aria condizionata durante una torrida giornata estiva dove il termometro segna 37 gradi?

La notte prima non ero riuscito a chiudere occhio. Ero in uno stato di dormiveglia continua. Quella mattina – quella dannata mattina – nulla mi avrebbe svegliato i sensi più di un gelato in riva al mare.

In men che non si dica ero già in auto…

Non ho mai capito il perché, ma ho sempre avuto un pessimo tempismo con i semafori. Beccai qualsiasi ‘rosso’ fosse presente nel tragitto. Il traffico era più lento del solito. “E’ lunedì. Un classico!” – pensai – ma non potevo minimamente immaginare a cosa stavo andando incontro…

Mi consolai guardando dallo specchietto retrovisore l’autobus dietro me, carico di turisti e ragazzi ammassati tra loro. Alzai il volume della radio e – contemporaneamente – anche la potenza del climatizzatore immaginando il sapore del gelato alla nocciola.

Il verde ed il rosso del semaforo si alternavano già da una decina di minuti.

Doveva essere successo qualcosa di brutto, pensai. Per forza. Eppure non c’era nessuna ambulanza e/o nessuna sirena accesa. Così, con l’approvazione degli automobilisti in coda con me, spensi l’auto, alzai il freno a mano e decisi di ammazzare il tempo facendo scrolling selvaggio su Facebook.

Fu proprio in quell’istante che capii tutto…

Ero all’incrocio sbagliato nel momento della giornata più sbagliato.

In poche parole: ero nella merda fino al collo.

Un articolo di “La Repubblica – Palermo” citava nel titolo “La Formula 1 ai Quattro Canti e a Mondello: la Red Bull gira un video a Palermo”.

Sticazzi, pensai.. il mistero era finalmente stato svelato, ma era appena cominciato l’incubo.

Ho sempre odiato il suono del clacson. E tanto più odio chi, nonostante abbia chiara la visione della situazione del traffico in tilt, suona a vuoto, senza sapere a chi, né tantomeno il perché, il proprio clacson. Nella mia vita ho visitato molte città europee, ma mai ho visto abusare del clacson come lo si fa in Sicilia.

Dopo circa 52 minuti di fermo, 23 canzoni alla radio, 48 annunci pubblicitari insensati ed un labile mal di testa in via di sviluppo, il traffico cominciò a muoversi. Era ormai chiaro a tutti che – quel giorno – qualunque palermitano avrebbe dovuto limitare del tutto i propri spostamenti, perché se quell’insignificante incrocio sotto casa mi era costato quasi un’ora della mia vita, quanto avrei impiegato per spostarmi da una punta all’altra della città?

Tornato a casa, a mente poco lucida, innervosito e stressato, scrissi un lungo post su Facebook nel quale insultavo in modo spregiudicato e senza mezzi termini il comune di Palermo, il sindaco Orlando, l’assessore alla mobilità Giusto Catania ed – ovviamente – Red Bull Racing.

 Tra detrattori e sostenitori, la mia bacheca diventò il terreno fertile di un conflitto acceso per ore. C’era chi, quella mattina, non era neppure uscito di casa. Eppure difendeva a spada tratta l’iniziativa del progetto Red Bull; e c’era anche chi sbraitava contro l’organizzazione del comune, anch’egli senza aver messo un piede fuori casa.

Come sempre nella mia vita mi sono sentito un pesce fuor d’acqua, spinto da due maree opposte tra loro: voler trovare un lato positivo in quella faccenda e volerne trovare fin troppi di negativi.

Lo stress accumulato in giornata cominciò a scemare poche ore dopo. La sera cercai di andare a letto molto presto, non avevo intenzione di passare un’altra notte insonne.

Eppure, parte della mia coscienza mi impediva di dormire sereno. Sentivo di aver agito d’impulso scrivendo quel post su Facebook. Mi ero scagliato contro qualcosa più grande di me, per il quale non ero stato interpellato. Avevo agito con presunzione ed arroganza verso qualcosa che, pensandoci bene, in realtà aveva onorato la città nella quale vivo.

Così rilessi il post, lo eliminai e cominciai a scrivere questo articolo per spiegare quale, a mio avviso, dovrebbe essere la chiave di lettura di questa faccenda.

Ma procediamo con ordine. Per avere una chiara visione dei fatti bisogna partire dall’inizio.

In occasione del Gran Premio d’Italia svoltosi domenica scorsa in quel di Monza, la Red Bull ha lanciato sul web il video “Ciao Palermo, Monza is calling” girato nel capoluogo siciliano tra il 19 e il 22 giugno. La realizzazione del video è stata affidata, nonché prodotta e ideata, dall’agenzia di produzione video “Just Maria” in collaborazione con la società di eventi “Lug Prince & Decker”, il tutto corredato da 300 addetti ai lavori impegnati sul set ed una troupe video di 60 elementi.

Nel suggestivo video (che puoi ammirare qui sotto), la monoposto di F1 RB7 guidata da Max Verstappen attraversa il capoluogo siciliano, toccando i luoghi più rappresentativi e iconici della città in un’inedita e suggestiva cavalcata a quattro ruote, davvero unica nel suo genere.

Prima di affrontare la caotica, ma emozionante, sfida di Monza, Max si è lasciato cullare dalla suggestiva atmosfera di Palermo. Un messaggio del Team Manager di Red Bull Racing, ovvero Christian Horner, lo invita però urgentemente a tornare al lavoro per prepararsi alla prossima tappa.

Ha inizio così una corsa contro il tempo: in soli 5 minuti il pilota olandese deve raggiungere la spiaggia di Mondello e attraversare tutta Palermo a bordo di una monoposto, lungo un percorso complesso, ma indubbiamente mozzafiato.

Ad attenderlo c’è il suo team, che lo aspetta per il pit stop finale su una barca – sì, una barca – per partire alla volta di Monza. Tra strade strette e manovre da manuale, sembra un’impresa impossibile… o quasi.

Il punto di partenza è un box molto particolare, situato nel cuore del caratteristico mercato di Ballarò, il mercato più antico, vivace e multietnico della città. È stracolmo come ogni giorno, perché è qui che gli eccentrici venditori, “i putiàri”, propongono agli acquirenti, con seducenti urla, le delizie provenienti dalle campagne circostanti e dal mondo intero.

Nonostante le leccornie presenti sulle bancarelle, però, gli occhi della folla questa volta sono tutti su di lui, armato di casco e di iconica divisa. A svettare incontrastata sulla scena, la suggestiva cupola barocca della Chiesa del Carmine.

Il tempo scorre e Max si deve muovere tra le strade cittadine, guidato dalle indicazioni del suo team, a bordo di una monoposto di F1 che non passa certo inosservata.

La prima tappa è la splendida Villa Bonanno, con le sue palme e i suoi monumenti dedicati alle figure chiave della storia di Palermo. La successiva è la celebre piazza Quattro Canti, ma per raggiungerlo Max sceglie “u Cassaru”, ovvero Corso Vittorio Emanuele II, uno dei due antichi assi della città. Furono i Fenici stessi a tracciarla nel VII secolo, e divideva la zona portuale dalla necropoli. La strada è cara ai cittadini anche perché è il tratto principale lungo cui ha luogo la processione di Santa Rosalia, l’amata patrona di Palermo e simbolo dell’intera regione, la cui festa è un evento in grado di attirare a sé vere e proprie folle oceaniche (parliamo di qualcosa come 500.000 persone).

E l’arrivo ai Quattro Canti coincide proprio con uno dei momenti più emozionanti di questo viaggio. Verstappen, infatti, decide che questo è il luogo ideale per quello che in gergo automobilistico viene definito “donut” e fa girare l’auto su se stessa per regalare una visione a 360° della piazza, sotto una pioggia di rose proprio in onore di Sanata Rosalia. Queste infatti ricordano l’analogo omaggio alla patrona della città che avviene in questo esatto punto durante la processione per onorarla.

Continuando nella sua corsa, la macchina arriva a Porta Felice, la finestra sul mare del centro storico, per poi sfrecciare a tutta velocità lungo il Foro Italico, uno dei lungomare palermitani più suggestivi, caratterizzato da filari di palme, e scendere poi verso “la Cala”, la parte più antica della zona del porto, che ha una storia risalente addirittura ai primi insediamenti fenici.

Uscendo dal centro città, Max Verstappen arriva al Parco della Favorita, uno dei parchi urbani più grandi d’Europa, vero polmone verde di Palermo situato alle falde del Monte Pellegrino, uno dei simboli della città e definito da Goethe “il promontorio più bello del mondo”. Con la sua alternanza di curve e rettilinei, questa parte di “circuito” consente alla monoposto di raggiungere velocità impensabili in un contesto cittadino. Qui il pilota può finalmente sprigionare tutta la potenza della sua monoposto, fino a quel momento trattenuta dall’atipico percorso scelto, distraendo da una profonda meditazione alcune ragazze che stanno facendo yoga.

Ultima tappa di questa inedita corsa è la splendida spiaggia di Mondello, raggiunta dopo aver percorso viale Margherita di Savoia, impreziosito dalle tipiche architetture in stile Art Noveau delle sue ville e soprattutto dell’Antico Stabilimento Balneare.

Su uno dei lungomare più celebri del mondo, Max si lascia osservare dagli sguardi increduli dei molti giovani che frequentano la spiaggia per fare surf, giocare a beach volley o semplicemente godere dello straordinario clima e mare. Tra loro c’è anche Massimiliano “Piffa” Piffaretti, campione di wakeboard, che non riesce proprio a contenere l’entusiasmo. Lo scorcio, tra l’altro, è noto agli appassionati di cinema: qui è stata girata una celebre scena del film “Mery per Sempre” di Marco Risi.

È proprio al termine del lungomare di Mondello, che si svela l’ultima sorpresa di questo viaggio verso il prossimo GP d’Italia. Il team della Scuderia Red Bull Racing Honda si avvicina infatti al molo con un’imbarcazione molto particolare. Max, senza pensarci due volte, sale a bordo della barca direttamente con la sua monoposto di F1, e sono ora pronti per salpare insieme verso Monza e la prossima sfida di questo appassionante campionato di Formula Uno.

Servono pochi minuti per restare ammaliati da tanto splendore.

Ecco perché ho cancellato quel post.

E’ uno spot di una bellezza disarmante, che mostra con maestria e naturalezza la bellezza e l’essenza di Palermo in tutto il suo ornamentale splendore.

Da palermitano NON ho visto nessun elemento romanzato o stucchevole.

E’ la città ad autocelebrarsi nel video, e non il contrario.

Osservata attraverso la visiera del casco di quell’insolito flaneur, Palermo ci sembra semplicemente quello che è in realtà: una città meravigliosa, dotata di una bellezza irredimibile che purtroppo non sempre sappiamo meritarci.

Il video, che sarà visto da milioni di persone, non è certamente un’opera neorealista, non racconta tutte le verità, ma ne dice molte ed inoppugnabili. Verità che troppo spesso sacrifichiamo sull’altare della distrazione o della rabbia.

Palermo è molto di più dei suoi gravi problemi.

Il punto della faccenda sta nel (pessimo) modo con cui i media hanno messo in risalto la realizzazione del filmato, concentrandosi esclusivamente sui 182 euro sborsati dalla Red Bull al Comune di Palermo per l’occupazione del suolo pubblico (ecco a voi le grandi inchieste giornalistiche italiane).

Tutto questo delirante fervore mediatico è nato da un articolo di pochi giorni fa pubblicato su Dagospia nel quale ci si chiedeva innanzitutto perché la Red Bull avesse versato quella misera somma al Comune per l’utilizzo del suolo pubblico. Inoltre non sono state apprezzate le ‘sgommate’ in alcuni luoghi iconici della città, che hanno scatenato ulteriori critiche.

Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, si era difeso rivendicando l’importanza dell’iniziativa promozionale commentando: “La vedranno 300 milioni di persone. C’è qualcuno che utilizza le criticità di un’amministrazione che viene da 15 mesi di pandemia per distruggere la visione di città che stiamo costruendo”.

Nel frattempo, il video, pubblicato su YouTube è stato visualizzato da oltre 1,2 milioni di utenti in soli 5 giorni, raggiungendo persino la posizione numero #2 su tendenze.

Ebbene si: 1,2 milioni di potenziali visitatori previsti nei prossimi mesi.

Il sindaco di una città non è solo il primo cittadino; è anche il primo IMPRENDITORE.

Bisogna rendersi conto di una verità molto scomoda legata all’ambiente giornalistico italiano (e credo che in questi ultimi due anni di pandemia abbiamo avuto modo di accorgercene): a volte per interessi editoriali, altre volte per mancanza di conoscenza o semplicemente perché devono riempire degli spazi vuoti, i giornalisti non solo non hanno idea di cosa scrivono, ma non riescono ad avere neppure la lucidità mentale di andare oltre le argomentazioni trattate dai loro colleghi.

Che si tratti di ordini imposti dall’alto o di ragioni legate alla linea editoriale imposta dall’editore-tiranno, i giornalisti non ricercano (più) la verità, ma la modificano.

Il giornalismo dovrebbe essere inteso come racconto e resoconto della realtà, e la figura del giornalista richiede la capacità di andare laddove nessuno va. Eppure, la stampa italiana sembra più interessata a copiare dal compito in classe del compagno di banco.

Nessun giornale, e ripeto, NESSUNO, ha dedicato un minimo di attenzione verso le potenzialità che questo spot potrà avere nei confronti della vita turistica della città.

Nessuna riga ha fornito un barlume di speranza nei confronti di una possibile strategia di marketing in ambito turistico.

Hanno soltanto pensato di omologarsi l’un con l’altro copiando gli stessi articoli e difendendo un’unica – stupida – causa comune: i 182 euro sborsati dalla Red Bull al Comune di Palermo per l’occupazione del suolo pubblico.

Tutto questo è davvero imbarazzante.

I media NON hanno idea di quanto questo spot possa essere ossigeno per il turismo.

E sapete perché?

Perché il giornalista – oggi – di base, è un burattino alla mercé di una serie di limitazioni che gli vengono imposte. D’altro canto, il giornalista NON è un imprenditore; il giornalista NON capisce nulla di impresa; il giornalista NON ha idea di cosa sia il Marketing; il giornalista NON riesce ad andare oltre la moda del malcontento comune.

Sarebbe stato fin troppo intelligente per il giornalista medio andare controcorrente analizzando da vicino le possibilità che un’iniziativa simile porterebbe alla città fin dal primo momento che il video è andato in rete.

L’unica contestazione che sono riusciti ad inventarsi riguarda quei dannati 182 euro. Questi geni del marketing sono davvero convinti che il comune di Palermo avrebbe dovuto guadagnare UNICAMENTE e DIRETTAMENTE dal costo dell’occupazione del suolo pubblico, aumentandolo a dismisura.

Capite il livello del giornalista medio? Le lamentele fanno vendere i giornali a cliccare sui link, certo, ma che nessuno di loro osi mordersi le labbra quando leggerà queste righe.

Si legge dai titoli: “Il traffico in tilt costa 182 euro: ecco quanto ha pagato la Red Bull” (La Repubblica); “La Red Bull sfreccia a Palermo per uno spot. Bufera per i soli 180 euro di suolo pubblico pagato” (Il Giornale); “Spot Red Bull, vale 182 euro la rabbia dei palermitani intrappolati nel traffico” (Blog Sicilia).

Perché concentrarsi soltanto su questo?

Hanno ridotto un evento mediatico senza precedenti (perché mai prima d’ora è stata raggiunta una visibilità simile in città) che poteva essere ampliato magistralmente dalla potenza di fuoco dei loro lettori ad una umiliante trattativa economica.

I media locali avrebbero dovuto AIUTARE a diffondere l’incredibile iniziativa promossa da Red Bull italia, non denunciarla.

Non sto dicendo di essermi divertito quella mattina in macchina, nel traffico. Sono ancora infastidito da quella vicenda. Il comune di Palermo ha un piano del traffico per la viabilità disastroso; le strade hanno più buchi di una fetta di emmental e la città è un cantiere stradale vivente.

Ma certamente quello spot è riuscito a dare l’idea di una città romantica, estiva, artistica e assolutamente imperdibile, perché magica. E’ difficile rendere una città bella anche di giorno. Tendenzialmente le città sono più belle la sera, con le luci soffuse e le ombre penetranti.

Eppure quella luce, quel continuo divenire tra cupole e melograni la rende la prossima città che vorrai visitare.

Una giornata così snervante si è trasformata in una chiara consapevolezza. Il bene comune va al di là di ogni cosa. La mia città, da oggi, tornerà a respirare dopo due anni di totale apnea.

Quello spot è una call to action in purezza.

Ti invita a fare il turista per 5 minuti e 05 secondi.

Siamo Venditori. Non siamo artisti.

Purtroppo, però, il piccolo criceto stremato dentro il loro cervello non riesce a intravedere le opportunità commerciali, turistiche, imprenditoriali, cinematografiche che questo spot genererà.

Ogni paese sulla faccia della terra sta cercando di rialzarsi dignitosamente in piedi dopo due anni di pandemia ed i giornali non hanno la lungimiranza, tantomeno la bontà (ma figuriamoci), di incentivare il turismo. No. Meglio gridare allo scandalo per l’irrisorio costo del suolo pubblico.

Il fulcro delle loro mirabolanti inchieste sembra solo riguardare i disagi alla viabilità che questa – lodevole – iniziativa ha portato ai palermitani.

Eppure è di poche ore fa la notizia secondo cui i vertici di Red Bull Italia abbiano esplicitamente dichiarato di essere aperti a nuove collaborazioni con il comune di Palermo. Ouch. Fa male, vero?

“La città Palermo ha ottenuto gratuitamente uno spot che è stato visualizzato da più di un milione di persone in poche ore ed è anche stata pagata 182 euro dalla Red Bull”.

Così suona meglio, vero cari giornalisti?

Piuttosto che pagare fior fior di quattrini (milioni) di tasca loro per la produzione e la messa in onda di uno spot, il sindaco e l’amministrazione comunale hanno agito di intelligenza e logica imprenditoriale dando risalto su scala PLANETARIA alla città.

Senza sborsare un solo euro hanno permesso la realizzazione di una campagna pubblicitaria turistica esemplare che garantirà alla città una massa di turisti-zombie super assetati di vivere Palermo al più presto.

Senza. Sborsare. Una. Lira.

Si, ma.. adesso?

Un’opportunità così grande non può essere sprecata. Non deve essere sprecata. Il consiglio comunale della città di Palermo dovrebbe immediatamente prendere la palla al balzo e diffondere – una volta accertatosi di possederne, in parte, i diritti – lo spot sui propri canali istituzionali ed investendo su quelli televisivi, proponendo, di conseguenza, uno spot turistico che avrebbe ripercussioni estremamente positive per la città.

Quel breve filmato possiede tutte le peculiarità e le caratteristiche che una campagna di promozione turistica dovrebbe avere.

Sarebbe opportuno predisporre un piano di investimento in pubblicità promulgando il celebre spot per almeno i prossimi 12 mesi. A conti fatti, il ritorno sull’investimento sarebbe notevole.

I giornali, invece, hanno soltanto cavalcato l’onda mediatica del qualunquismo provinciale made in Italy (come da prassi), dimenticandosi dello spirito imprenditoriale che ha contraddistinto il nostro paese dal dopoguerra ad oggi.

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