Non tutti i calzolai vanno
 in giro con le scarpe bucate

Come trasformare un mestiere antico in un successo tecnologico 2.0

Pensate a Henry Ford, Steve Jobs, Ingvar Kamprad (IKEA), ecc.

Pensate a come le nostre odierne vite sono cambiate per mano loro.

Cosa vi viene in mente?

Adesso percorriamo migliaia di chilometri in automobili estremamente veloci;

Adesso ascoltiamo musica mentre facciamo jogging, aggiornando il nostro stato sui social con il solo tocco di un dito;

Adesso ci sediamo su sedie dal design unico, ma che abbiamo personalmente montato in cucina con l’aiuto dei nostri figli;

Eppure… se ti dicessi come stanno davvero le cose, mi crederesti?

Se ti dicessi che la verità è una ed una sola, riusciresti a guardare il mondo come l’hai sempre visto, o faticheresti a credere ancora in qualcosa?

Sai, Ford, Jobs, Kampead sono tre delle menti più geniali del nostro secolo, MA…

Non hanno inventato NULLA.

Fai un respiro. Adesso passa tutto.

Partirò da una celebre citazione del padre dell’automobile per spiegarti come stanno davvero le cose:

Se avessi chiesto ai miei clienti cosa volevano, mi avrebbero risposto solo: ’un cavallo più veloce’”.

C’è una sola verità nel mondo del business: i tuoi clienti non sanno cosa vogliono, e devi essere tu a procuraglielo.

Con questo voglio spiegarti che quando Henry Ford sviluppò il primo prototipo di automobile della storia lo fece per dare alle persone la possibilità di spostarsi più velocemente, ma nessuno gli aveva chiesto nulla.

La gente stava bene sopra la sella di un cavallo, non sapeva che ci sarebbero stati altri possibili modi per muoversi. Ha solo dato loro ciò che volevano: “cavalli più veloci”, ma, facendolo, ha rivoluzionato indiscutibilmente – e per sempre, aggiungerei – la storia dell’uomo moderno.

E se è vero che, citando Steve Jobs, “Non puoi semplicemente chiedere ai clienti cosa vogliono e provare a farlo. Nel tempo in cui lo starai facendo vorranno qualcosa di nuovo”, questo è esattamente ciò che hanno fatto i ragazzi di ClessioLab.

Di chi sto parlando?
Di due folli ragazzi di Bari che stanno letteralmente trasformando il panorama dell’artigianato italiano, dando nuova vita ad un paio di scarpe maltrattate, semplicemente ridipingendole con maestria e passione per l’arte.

Quando ho sentito la storia di Luca e Davide ho pensato che fosse il caso di approfondire nello specifico le dinamiche del loro business model, che ho trovato molto interessante per tutta una serie di cose.

Mi ha affascinato soprattutto il modo in cui, dal nulla, abbiano sviluppato un modello aziendale replicabile, scalabile e – fatemelo dire (stavolta) – creativo!

Ho avuto modo di ascoltare la storia di questi due ragazzi appena ventenni e, analizzando il loro modello di business, vorrei trasmettervi quello stesso entusiasmo che – da esperto di Brand Positioning – la loro storia ha trasmesso a me.

L’idea riguardo ClessioLab nasce in maniera molto graduale e si sviluppa in maniera molto naturale seguendo un semplice precetto di base: poter ridare nuova vita all’artigianato italiano.

Il loro scopo è quello di rivalutare la figura dell’artigiano in un mondo sempre più digitalizzato e sempre più lontano dalla figura del creatore, ma sempre più incentrata su quella del creator digitale.

Legenda per i più maturi come me:

Creatore = artigiano
Creator = creatore di contenuti sui social

Le prime creazioni di ClessioLab nascono dall’interesse di Davide per l’arte, congiunto col mondo dei social di Luca; il primo più lanciato verso la creazione manuale, nel dipinto, nel disegno: in pratica, un promettente fumettista; il secondo, più orientato al reselling, al marketing ed al mondo dello sviluppo del business.

Da qui nasce l’idea di poter congiungere un prodotto iconico, molto richiesto sul mercato, con quella che è invece una capacità manuale, creativa, nonché l’estro artistico di Davide.

CURIOSITA’:



Il nome del brand deriva dal personaggio di un fumetto creato proprio da Davide prima di intraprendere la via della personalizzazione delle scarpe, e che raccontava di un uomo che aveva il potere di viaggiare nel tempo ed interagire con figure storiche differenti: da Hitler a Napoleone, a Churchill e così via.

I ragazzi, come è giusto che sia data la loro tenera età, hanno prima “tastato il terreno” con amici, parenti e conoscenti che orbitavano intorno alla loro città: Bari. Da lì hanno avviato la loro attività online in maniera molto amatoriale per farsi conoscere un po’ di più, per poi, passo dopo passo, rifinire il loro modello di business man mano che i risultati arrivavano.

COME COSTRUIRE UN MODELLO DI BUSINESS

Conoscete bene la mia storia: sono un creativo pentito.

La mia presunta “creatività” mi ha trasformato in un esperto di marketing che mi ha permesso di vedere da una prospettiva diversa il modo in cui arte e marketing possono coincidere senza però snaturare quello che sta alla base del nostro mestiere: vendere.

Questo è il motivo per cui ho scelto di spendere qualche minuto del mio tempo per fare un’ampia disamina sul progetto ClessioLab.

Regola numero #1 per il Business Model perfetto:
Tutto parte dal posizionamento.

Ho letteralmente basato la mia carriera su questa parola: positioning.

Un business iper-focalizzato è un business in grado di differenziarsi dai concorrenti, facendosi percepire come UNICO dai potenziali clienti.

I ragazzi di ClessioLab si sono focalizzati esclusivamente sulla customizzazione di modelli di scarpe di alta tendenza (prime fra tutte, le celebri Air Force 1 di Nike).

Il loro claim è infatti: NOT FOR ORDINARY PEOPLE.

Prova ad entrare nella mente del loro target: chi andrebbe in giro con un paio di scarpe completamente disegnate, pitturate e ricucite se non una persona extra-ordinaria, dai gusti ‘pittoreschi’, il cui unico scopo è quello di voler farsi notare tramite il proprio modo di vestire?

Conoscere il proprio target significa esaudire tramite il proprio prodotto quello specifico desiderio che nessuno, oltre te, gli ha mai dato modo di poter realizzare.

Come funziona il loro servizio?
Rimarrai stupito dalla semplicità del loro flusso di lavoro.

Leggi bene.

Prendono una semplice scarpa, la smontano e la colorano (o dipingono) su tua richiesta aggiungendo anche vari elementi stilistici come pezze e tessuti vari.

La cosa interessante è che, come ti dicevo prima, anche loro non hanno inventato nulla: hanno semplicemente innovato un modello di business preesistente, ovvero quello del classico calzolaio.

Eppure, se non ci fosse una forte idea differenziante nella loro idea non ne avrei assolutamente parlato.

Non trovi?

Ma quindi – ti starai chiedendo – cosa ti ha colpito dei due ragazzi di ClessioLab?

Te ne parlerò a breve, ma prima lasciami spiegare cos’è un modello di business.

II modello di business è il piano della tua azienda.

E’, essenzialmente, una fitta e dettagliata analisi della strategia che la tua azienda segue per vendere il proprio prodotto o servizio.

Un Business Model ti dice:

COSA vendi

A CHI vendi
IN CHE MODO vendi
DOVE e QUANDO vendi

Se dovessi spiegarti in una sola parola a cosa serve questo pezzo di carta, direi… vendere.

Nello specifico, il tuo modello di business deve definire le logiche ed il modo in cui operi, come guadagni e come intendi raggiungere i tuoi obiettivi economici volti al sostentamento dell’azienda stessa, motivo per cui deve necessariamente comprendere:

  • ogni elemento riguardante la progettazione e la relativa produzione del tuo prodotto;
  • ogni elemento riguardante la vendita del prodotto: analisi del target, analisi del mercato in cui operi, e modalità di distribuzione del prodotto;
  • le modalità di pagamento che proponi ai clienti e le modalità di guadagno della tua azienda.

Un lavoro ben fatto dovrebbe contenere, alla fine, TUTTE le informazioni necessarie riguardo questi nove elementi chiave:

  • Target
  • Concorrenza
  • Valore offerto
  • I canali distributivi
  • Relazioni con i clienti
  • I flussi di ricavi
  • Risorse e attività chiave
  • Partnership chiave
  • Struttura dei costi

Ho strutturato l’analisi che segue prendendo in considerazione ogni punto chiave citato sopra, spiegando nel dettaglio in che modo è stato strutturato.

Questo non è però un Master su come erigere il Business Model corretto per vendere efficacemente il tuo prodotto o servizio (per quello ci sono le mie consulenze, ma ti garantisco che ottenerla non sarebbe affatto una passeggiata); questa è la mia chiara, lucida e asettica analisi sul modello aziendale di ClessioLab.

Iniziamo.

1# IL TARGET

Un ottimo Business Model non può prescindere da una corretta analisi del target. Analisi che va condotta sulla scia del posizionamento del proprio prodotto sul mercato.

Anche se ci si trova all’inizio della propria attività di business, è necessario avere in mente l’immagine del tuo cliente tipo.

Pensa semplicemente a chi è rivolto il tuo prodotto/servizio, a quale fetta del mercato ti stai rivolgendo, se è un B2B o un B2C, ai loro interessi e ai problemi che potrai risolvergli in modo che, ottenuta una quanto più fedele immagine dei tuoi potenziali clienti, sarà più facile per te capire come combattere i tuoi competitor e tramite quale business model farlo.

La creazione di un avatar del cliente ti aiuterà anche nella scelta delle strategie e dei canali di acquisizione in cui diffondere i tuoi materiali di marketing (siano questi online che offline).

ClessioLab non basa il suo target sull’età, ma sulla “diversità”, ovvero la voglia di avere qualcosa di esclusivo con il quale sentirsi diverso, unico, ma estremamente originale.

Da ciò che è emerso dalla chiacchierata con i due ragazzi, è difficoltoso (ma anche inutile) tracciare un’età media del loro target, in quanto quest’ultima varia e muta nel tempo.

Dice Luca: “3 4 anni fa sarebbe stato un target di ragazzi fra i 14 e 16 anni. Adesso in realtà il target è molto più alto: passiamo solitamente fra i 22 e i 40-50 anni, con tanti, tanti, tanti adulti che comprano da noi

Nel corso dei mesi, complice anche la sempre più ‘fama’ raggiunta sui social media, ClessioLab ha raggiunto due tipologie di generazioni:

  • La prima, costituita da 20-25enni con un potere di spesa molto più limitato a causa di problematiche che derivano da fattori economici esterni abbastanza intuibili;
  • La seconda, costituita da 40-50 anni il cui potere di spesa è molto più elastico e sulla quale bisognerebbe puntare progettando nuovi disegni, grafiche e modifiche che si adattino meglio alla loro fascia di età (a tal proposito: richiederò ai ragazzi un paio di NIKE AIR FORCE 1 customizzate con il logo di “Ritorno al futuro”, e non saranno le uniche).

Quella della personalizzazione del prodotto è una strategia fondamentale per le aziende. Chi ha un Business Model che gli permette di implementare questa modalità, è sulla buona strada per avere degli ottimi margini di profitto.

Per quanto la qualità sia una determinante essenziale per un brand, non sempre è l’unica via da perseguire. Molto spesso, nel business, non bisogna solo dare ai clienti ciò che vogliono; bisogna dar loro ciò che non sanno di volere.

Date la possibilità ai vostri clienti di personalizzare il prodotto che stanno acquistano. Sempre.

2# LA CONCORRENZA

Per stabilire quale sarà il tuo business model è necessario, come spero saprai, analizzare scrupolosamente e dettagliatamente chi gravita attorno al tuo mercato di riferimento e, cioè, i competitor.
Effettua una sapiente analisi dei competitor, ma sopratutto chiediti:

  • Quale business model stanno utilizzando i competitor?
  • Come puoi differenziarti dalla concorrenza?
  • Con quale angolo di attacco puoi porti al di sopra della concorrenza?
  • In che modo puoi offrire un prodotto o servizio percepito in maniera nettamente migliore?

Non ti piacerà ciò che sto per dirti. Lo troverai controverso, ma… avere concorrenza è in realtà un’ottima notizia.

E’ la dimostrazione del fatto che il mercato chiede ciò che vendi, ma, per contro, ci sono anche altri che, come te, offrono qualcosa. Quello che devi fare è semplicemente porti in opposizione alla concorrenza; lascia sia una battaglia tra loro, mentre tu corri ai ripari cercando angoli di attacco vincenti e, soprattutto, diversi.

Ma fa’ attenzione: evita i mercati iper-saturi. La potenza di fuoco dei tuoi competitor (in termini economici) potrebbe consumare ogni tua risorsa.

Nel campo di ClessioLab non esiste concorrenza. O meglio, non a quei livelli. Il loro obiettivo, al contrario di tutti quelli che si definiscono ‘competitor’, non è guadagnare nel breve periodo, ma è quello di poter rendere scalabile il proprio modello aziendale. Ci vorrà molto tempo, ma si sono prefissati di rivoluzionare il panorama artigianale italiano e non credo avranno problemi continuando la loro strategia in quest’ottica differenziante.

#3 LA VALUE PROPOSITION

Che bisogni del cliente soddisfa il tuo prodotto o servizio?

Se hai una concreta risposta a questa domanda allora è probabile che tu abbia una Proposta di Valore.

Questa, si configura come la soluzione ad un problema o ad una esigenza esistente, ed è in poche parole il motivo per il quale il tuo target dovrebbe preferire il tuo prodotto e/o il tuo servizio rispetto a quelli della concorrenza (diretta e indiretta).

Il tuo prodotto punta sulle prestazioni, sulla personalizzazione, fa leva su un design particolare o su altre qualità?

ClessioLab trasforma le tue scarpe in un affresco da portare in giro. La loro Value Propositon è basata sulla Personalizzazione. Dall’altra parte del laccio c’è la mano sapiente di Davide che, con l’ausilio di un semplice pennello, non ha solo ‘dipinto’ un paio di Nike, ma ha dato vita ad una nuova concezione di personalizzazione del servizio. Ha preso un cult del settore calzaturiero e lo ha innovato, creando un sottilissimo confine tra industria e puro artigianato.

La scarsità dei loro prodotti (e con ‘scarsità’ mi riferisco al loro massimale produttivo, e cioè limitato, dal momento che ogni loro singolo prodotto è fatto a mano e richiede molta cura ed elevata precisione) funge da catalizzatore per tutte quelle persone che capiscono l’importanza ed il valore dell’artigianato, di ciò che è fatto a mano, dell’arte dipinta su pelle.

All’interno del panorama fashion mondiale c’è una reale mancanza di personalizzazione del proprio prodotto, ed è evidente che non esiste nulla di simile al lavoro dei ragazzi di ClessioLab. L’inserire insieme la possibilità di personalizzare (dando quindi sfogo al proprio estro creativo) e di indossare un prodotto in voga, aumentano considerevolmente il valore percepito del loro servizio.
Inoltre, i due giovani imprenditori hanno fatto una scelta molto saggia: proporre una tiratura limitata dei loro prodotti, scegliendo quindi una produzione in scala ridotta col fine di mantenere standard di alta qualità, piuttosto che optare per una produzione molto più vasta screditando però, di conseguenza, la qualità percepita dei propri prodotti.

Meglio produrre a bassa scala ma con prodotti dal punto di vista qualitativo assolutamente eccezionali e che generano molta richiesta per via della scarsità percepita, piuttosto che scegliere una produzione a grande scala con prezzi e standard qualitativi decisamente inferiori.

Mai sentito parlare di una cosa chiamata Positioning?

#4 I CANALI DISTRIBUTIVI

Quali sono i canali di distribuzione del tuo prodotto/servizio?

Questa sezione del modello di business riguarda i canali che i tuoi clienti sfruttano per acquistare i tuoi prodotti. Si parla di canali distributivi diretti quando non ci sono intermediari tra azienda ed acquirente, e indiretti quando il prodotto o servizio viene venduto tramite intermediari (siano questi grossisti, distributori al dettaglio, ma anche gli attuali marketplace come Amazon).

Il canale di vendita consta di 5 relative fasi:

#1 Consapevolezza

#2 Valutazione

#3 Acquisto

#4 Consegna

#5 Post-Vendita

1. Consapevolezza:

Considerando che durante il proprio percorso d’acquisto il consumatore attraversa 5 fasi, a seconda della fase in cui ci si trova bisogna agire con modalità e stili comunicativi diversi.

Non posso non citare l’opera magna con cui, nel 1952, Eugene Schwartz, descrisse i cinque livelli di consapevolezza che accompagnano ogni potenziale acquirente nel loro percorso di acquisto: “Breakthrough Advertising”.

1) Inconsapevole:

E’ il primo livello.

Qui, il consumatore, oltre a non avere la minima conoscenza del prodotto, non sarà nemmeno ‘consapevole’ – appunto – di avere un problema da risolvere.

Questa è infatti la fase nella quale è necessario riuscire a creare la domanda sollevando il problema.

Come fare?
Beh, la risposta più semplice sarebbe di correre a studiare Copywriting dai mostri sacri del Direct Marketing, ma temo che non sia affatto così comodo come sembra.

(Per quello c’è la nostra Sara: la migliore copywriter a risposta diretta che puoi trovare sulla piazza, ma questo non è il momento adatto per parlarne. Se dovessi aver bisogno di un copy eccellente per i tuoi materiali di marketing, sai dove trovarci).

2) Consapevole del problema:

Arrivati al secondo livello, il consumatore è conscio di avere un problema.

Comprensibilmente, però, non è a conoscenza di quella che potrebbe essere la soluzione più adatta per lui. E’ perciò necessario riuscire a comunicare nel giusto modo facendogli capire che tu sei L’UNICO in grado di comprendere le sue necessità ed i suoi bisogni.

Anche qui: come fare?
Leggi sopra.

3) Consapevole del problema e della soluzione:

A questo punto, il consumatore è consapevole che esiste una soluzione al suo problema, anche se non conosce l’offerta specifica che stiamo offrendo.

Entrano qui in nostro aiuto recensioni e testimonianze, anche chiamate “social proof”: il sommo giudizio di chi ha già precedentemente testato il prodotto prima di lui.

Come dice Schwartz: “Consapevole della soluzione che o sa, o riconosce quello che deve fare il prodotto di cui ha bisogno, ma non conosce ancora il tuo prodotto. Tuttavia, probabilmente non troverai ancora menzione di un prezzo”.

4) Consapevole del prodotto (ma non ancora pienamente convinto di voler acquistare)

Eccoci al quarto livello: qui il consumatore, oltre ad essere finalmente consapevole di avere un problema, sa che il nostro prodotto può risolverlo.

C’è solo un piccolissimo problema (e te pareva!): è ancora scettico sul fatto che, di fronte una vasta concorrenza sul mercato, il nostro prodotto rappresenti – tra tutte – la miglior opzione per risolvere il suo problema (o soddisfare il proprio bisogno).

Il marketing è verità detta bene, per cui devi cercare di essere il più onesto possibile e far percepire al tuo potenziale cliente quali sono gli elementi di distintività che rendono la tua soluzione la migliore fra tutte che può trovare sul mercato.

Il marketing è prima di tutto una battaglia di percezioni.

5) Pienamente consapevole:

Ultima fase: la quinta.

Il tuo potenziale cliente ha già scelto te. La strategia migliore da adottare adesso è – senza se e senza ma – quella di proporre un’offerta irresistibile per acquistarla ADESSO.

Le successive fasi del processo di vendita sono:

2. Valutazione:

Valutare è il secondo passo che porta un lead al potenziale acquisto. Quanti e quali materiali di marketing produci per consentire loro di valutare i tuoi prodotti e/o servizi?

3. Acquisto:

Ci siamo. E’ il momento di aprire il portafogli. Adesso, quali sono le modalità tramite cui possono acquistare i tuoi potenziali clienti?

Consegna:

In che modo consegni l’ordine?

Post-Vendita:

La vendita ha SEMPRE un prima, un durante e un dopo. In che modo assisti i tuoi clienti dopo aver venduto loro i tuoi prodotti, perché… insomma, li assisti, giusto?

Davide e Luca hanno “tastato il territorio” sfruttando come canali di acquisizione lead Tik Tok prima ed Instagram dopo, mentre il loro canale di vendita è essenzialmente strutturato sul loro e-commerce.

Hanno scelto i due social perché sono entrambe le piattaforme che negli ultimi anni hanno dato accesso e possibilità a giovani, incerti, business di evolversi e di farsi conoscere in maniera organica e veloce, nonostante la vera esplosione di ClessioLab sia arrivata dopo un profondo studio dell’ambiente social e di ciò che viene definito oggi “digital marketing”.

Studiare prima il mercato, poi l’algoritmo: quando mi scaglio sui socialmediacosi lo faccio perchè sono certo che, oltre ad usare MALE i loro strumenti di lavoro (Facebook, Instagram & Co.), non li studiano affatto. Non perdono ore ed ore nella ricerca delle migliori strategie per creare organicamente una community unita, forte, integrata nei confronti di un prodotto.

Creare un proprio brand significa prima di tutto dare un motivo alle persone per comprare da te, e se sei anche capace di creare un prodotto che verte attorno a dei valori nei quali si rivede la tua community – in questo caso, dare nuova vita all’artigianato – allora i social, i cuoricini, le condivisioni hanno un buon motivo di esistere.

Ipse Dixit.

Con quasi un milione di follower (UN MILIONE), i ragazzi di ClessioLab hanno proprio fatto questo: dare vita ad una community che condivide con loro il valore dei propri prodotti customizzati.

La loro ampia visibilità è sicuramente una leva da sfruttare a pieno regime.

Mi sono fatto svelare qualche segreto da uno dei due ragazzi di ClessioLab e, udite udite, le famose ‘Vanity Metrics’ contano in maniera relativa; ciò che conta è, invece, il tempo di visione dei propri contenuti, ovvero quanto una persona spende su un determinato contenuto digitale.

Le condivisioni, i commenti e i like contano quindi fino ad un certo punto; sicuramente danno un’idea rispetto a ciò che fa tendenza e ciò che non lo è, ma è sicuramente su altro che bisogna lavorare.

Come dice Luca, “Content is Queen and algorithm in King”.

#5 LE RELAZIONI CON I CLIENTI

Anche se sembra una vera e propria utopia nell’attuale mercato italiano, le relazioni con i clienti vanno mantenute SEMPRE: Prima – Durante – Dopo.

Ci sono molti modi per relazionarsi ai propri potenziali clienti nel pre-vendita e nei successivi due step.

Eccotene due:

  • Assistenza personale e/o dedicata
  • Community

E non finisce qui.

In ClessioLab, la relazione con i clienti orbita quasi interamente intorno allo storytelling sui social. Quello è il loro punto di aggancio per condividere il motivo della loro attività: dare nuova vita all’artigianato italiano. Il resto è invece tutta una serie di attività basate sul mantenimento della loro relazione con essi.

Ho stilato una breve lista delle attività tramite le quali i due ragazzi incrementano la propria customer relationship.

  1. Analizzano dettagliatamente il cliente target

Ne abbiamo già parlato. Hanno creato un nuovo mercato che colma un vuoto nel retail delle calzature, ovvero quello di poter personalizzare le proprie scarpe in maniera estremamente artistica e creativa.

Hanno analizzato la situazione di partenza notando che nessuno proponeva un servizio simile e di alta qualità. I dati raccolti hanno consentito loro di creare un servizio personalizzato in base ai gusti del proprio target.

2. Coinvolgono il cliente all’interno del flusso di lavoro

Tramite un fine storytelling, e sfruttando le features dei vari social come le Instagram Stories, coinvolgono i loro clienti nell’intero processo di realizzazione del prodotto richiesto.

I loro clienti sono quindi protagonisti attivi nella progettazione e nella realizzazione delle scarpe richieste.

Diciamocela tutta: i giovani d’oggi (ma anche qualche tizio della mia età, eh) adora letteralmente vantarsi sui social. Ricevere una notifica che ti segnala di essere stato ‘taggato’ da ClessioLab in persona può generare nei loro un’euforia non poco rilevante nei confronti di chi ha commissionato loro un lavoro.

Se Alexander McQueen ti taggasse in un video che mostra la realizzazione delle TUE scarpe come ti sentiresti?

Ecco, ci siamo capiti.

3. Mantengono attiva la relazione con il cliente

Se provi a metterti in contatto con la maggior parte dell’assistenza clienti di molti e-commerce in rete, ti accorgerai che passeranno giorni prima che ti rispondano ad una semplice, umile, richiesta.

Sparire per giorni (spesso anche per settimane, giuro) metteranno a serio repentaglio le future relazioni con i tuoi clienti.

E invece basta un semplice messaggio su Whatsapp o un banale ‘direct’ su Instagram per essere assistiti dai due ragazzi di ClessioLab.

Hai capito bene. DUE.

La maggior parte della aziende con più di 20 dipendenti al Customer Care non riesce a darti segni di vita prima di qualche giorno e due giovani ragazzi riescono a gestire ogni ordine con precisione e puntualità informandoti anche in maniera puntuale e ricorsiva sul processo di avanzamento del tuo ordine step by step.

5. Propongono webinar formativi

I due stanno anche organizzando delle giornate di formazione sull’arte del ‘Customing Shoes’.

Inoltre – e questa è una chicca che mi hanno rivelato in anteprima – sono già in procinto di avviare “The Custom Dealer”, una seconda attività focalizzata sulla vendita di prodotti per la personalizzazione delle proprie scarpe (con relativi corsi di formazione in base allo stile grafico).

Non male, vero?

#6 I FLUSSI DI RICAVI

Un altro punto fondamentale da analizzare durante la costruzione del proprio business model riguarda i costi fissi e variabili da sostenere, ma anche la tipologia di vendita scelta, come:

  • Vendita di beni
  • Pagamento d’iscrizione per avere accesso al prodotto/servizio (è fondamentalmente il business model utilizzato da Spotify, Netflix, ecc.)
  • Affitto, noleggio, leasing
  • Pubblicità

A tal proposito vorrei condividere una riflessione sui costi dei propri prodotti che Luca, il ragazzo dietro il business di ClessioLab, mi ha fatto.

Dice: “i nostri prodotti hanno un prezzo più elevato rispetto al resto sul mercato perché sono prodotti pagati dal cliente.

Se il prodotto ha un prezzo basso è perché qualcun altro sta pagando quel prodotto per te. Se una scarpa ti costa 15€, 20€, 30€ ecc. è perché c’è qualcun altro in Vietnam, in Congo, in Cina che sta pagando il prezzo di quella scarpa al posto tuo, e magari lo paga in salute a causa di condizioni igieniche lavorative pessime.

Mentre una scarpa fatta a mano, pagata 500€ è pagata esclusivamente dal cliente. Ovviamente riconosciamo che un prezzo di 500€ non sia un prezzo per tutti ed è normale così, va bene così.

A parte la stupefacente etica che dimostra di avere a soli 22 anni, è chiaro che i costi di gestione del servizio non sono da sottovalutare e ciò necessita di uno studio alquanto approfondito.

Una scarpa prodotta con la loro metodologia di produzione ed i materiali utilizzati ha due vantaggi:

– Dura nel tempo
– Non richiede nessuna ‘ritoccata’ nel corso dei mesi

Loro non vendono nessun modello di scarpe come se fosse il loro, ma si avvalgono della sapiente arte manifatturiera di Davide per creare un prodotto originale da rivendere sotto il brand name di “Clessio Shoes”, lavorando come se fossero dei calzolai 3.0.

Inoltre, acquistano per te la scarpa (prendendo soltanto una minima ‘fee’ che includono già nel prezzo finale del servizio) se non l’hai già fatto, promettendo di utilizzare esclusivamente materiali originali a seconda del marchio scelto (Vans, Nike, Adidas, ecc).

#7 RISORSE E ATTIVITA’ CHIAVE

Con “risorse chiave” si intendono tutte le risorse ed i vari asset necessari di cui l’impresa necessita per il corretto funzionamento del proprio modello di business.

Rispondi semplicemente ad una semplice domanda: quali sono le risorse necessarie per offrire e distribuire i tuoi prodotti o servizi?

Con ciò intendo anche di tutte quelle attività indispensabili per realizzare la propria proposta di valore, e cioè tutto ciò che riguarda:

– distribuzione del prodotto;

– contatto con i clienti.

Negli assets strategici si annoverano:

  • Risorse umane
  • Risorse fisiche (dai semplici punti vendita, ai macchinari/impianti ecc.
  • Risorse tecniche (come software, gestionali, brevetti e/o licenze)
  • Risorse Finanziarie.

Non mi è consentito entrare in certe dinamiche, ma ad occhio e croce, direi che in ClessioLab ci sono due risorse (Luca e Davide) con risorse fisiche, tecniche e finanziarie molto limitate e, nonostante ciò, sono riusciti a posizionarsi come il punto di riferimento per le Custom Shoes in Italia.

L’obiettivo del marketing è quello di rendere superflua l’attività di vendita. L’obiettivo è di conoscere e comprendere il cliente in maniera così efficace che il prodotto o servizio si venda da solo.



(Peter Drucker)

#8 PARTNERSHIP CHIAVE

Con “partnership chiave” ci si riferisce ai possibili soggetti esterni alla propria organizzazione e che solitamente definiamo come ‘fornitori’, anche se non tutti possono essere definibili come tali.

Questi sono alcuni possibili tipi di partner chiave da prendere in considerazione:

1. Partnership strategiche fra non-concorrenti: avviene spesso in presenza di due fornitori che appartengono alla stessa filiera di produzione (es. produttore di cialde per pasticcerie e gelateria);

2. Partnership strategiche fra concorrenti, detta anche ‘competizione collaborativa’: avviene spesso tra due parti che condividono degli asset che la concorrenza non ha, come macchinari o know-how);

3. Joint venture: una collaborazione, frequentemente temporanea, il cui fine è il raggiungimento di un determinato obiettivo strategico;

Creare partnership strategiche permette di distribuire al meglio ogni risorsa, controllare ogni possibile rischio riducendo l’incertezza, ridurre la competitività sul mercato, acquisire risorse e competenze, ma anche stringere legami strategici al fine di garantire un eventuale scambio di clientela.

ClessioLab non ha ancora stretto partnership, ma i ragazzi sono molto giovani, il business è in forte crescita e… chissà!

#9 LA STRUTTURA DEI COSTI

E’ necessario scrivere quali sono i costi e quali, invece, i ricavi del business, ma anche quali sono le attività (e le risorse) più costose e dispendiose. Questo è tutto quello che è contenuto all’interno del conto economico del nostro business plan, per cui è cosa saggia appuntare fin da subito quali sono i costi fissi e quelli variabili, come ad esempio i costi del personale, eventuali affitti di strutture o macchinari, le merci acquistate, spese da sostenere per l’acquisizione clienti, ecc.

Siamo giunti alla fine di questa dettagliata, quanto attenta, analisi sul modello di business implementato da ClessioLab: un business online e focalizzato esclusivamente sulla personalizzazione di scarpe sportive (Nike, Adidas, Vans).

Il futuro del loro business si vedrà col tempo.

Intanto, i ragazzi hanno dovuto necessariamente mettere uno stop agli ordini mensili, dato il forte afflusso di clienti pronti a comprare le loro scarpe. Il tutto in onore di mantenere la promessa di uno standard qualitativo eccellente.

L’obiettivo da loro prefissato è crescere e acquisire una forza mediatica ancora maggiore in modo tale da puntare, nei prossimi anni, allo sviluppo del proprio brand “Clessio”, ovvero il proprio modello di sneakers completamente personalizzabile.

Auguro il meglio a questi baldi giovani.
Hanno la giusta età per fare grandi cose.

Del resto,
Sono prima venditori, non sono (solo) artisti.

Cosimo Errede