Big Face Coffee

Quando non è impegnato sul campo da gioco, Jimmy Butler passa le giornate lavorando al “Big Face Coffee”, un truck posteggiato in una strada di Miami. Ma perché Jimmy Butler, un giocatore di basket professionista, con un patrimonio di 60 milioni di dollari, ha un bar ambulante?

Per rispondere alla domanda dobbiamo tornare indietro di un paio di anni.

Luglio 2020, pandemia COVID-19

Il mondo era un luogo desolato e pericoloso, quando, in mezzo al caos, una strana iniziativa prese forma.

Ben 22 squadre di basket, con allenatori e staff al seguito, vennero confinate all’interno del Walt Disney World Resort in Florida.

Sembra quasi una contraddizione, vero? Un parco divertimenti trasformato in un bunker per preservare la vita.

Sembrava come se si volesse creare una sorta di nuova società utopica, ma la situazione era molto più cruda: bisognava portare avanti la stagione 2019-2020 del campionato NBA senza mettere a rischio la vita di nessuno.

La NBA aveva ideato un piano audace. Riunire tutti i giocatori, gli allenatori e il personale delle squadre in un’unica location sicura, sottoponendoli a test COVID-19 per garantire che nessuno fosse infetto. Nessun esterno sarebbe stato ammesso, solo gli essenziali. Era l’unico modo per preservare la salute e la sicurezza di tutti.

Così, il suolo del Walt Disney World Resort, trasformato in un’isola lontana dal resto del mondo denominata “La Bolla”, tornò ad essere calpestato il 7 luglio in preparazione della ripresa della stagione prevista per il 30. Era come se gli atleti fossero entrati in un mondo parallelo, una realtà distorta.

Se il piano Bolla avesse funzionato, l’ultima squadra rimasta in gioco sarebbe dovuta rimanere imprigionata fino al 12 ottobre. Quasi tre mesi di confinamento in un parco a tema. Nonostante tutto, alcuni giocatori trovarono modi inaspettati per passare il tempo.

C’era chi scoprì nuove passioni, chi continuò a coltivare interessi già rigogliosi. Mentre il mondo esterno lottava per accaparrarsi proiettili, pasta (ma non le farfalle) e carta igienica, all’interno della Bolla si creavano nuove normalità per ammazzare il tempo.

Tra tutti, Jimmy Butler decise di fare caffè.

Si era portato dietro la sua personale macchina macina-chicchi, che era venuto a comprare in Italia dalle parti di Firenze. Sparsa la notizia del “caffè fatto in casa”, valanghe di giocatori cominciarono a bussare alla sua porta.

Da lì Jimmy Butler decise che sarebbe giunta l’ora di far pagare il suo caffè.

Ad un prezzo assurdo? Sì…

…per noi comuni mortali.

Si sa, i giocatori professionisti sono giovani, pieni di energie, ma soprattutto ricchi, non c’è da stupirsi quindi che nessuno si sia lamentato seriamente del prezzo.

“Vendevo il caffè a 20 dollari a tazza. Parliamoci chiaro, il prezzo è alto ma i giocatori sono tutti ricchi quindi potevano permetterselo. Siccome mediamente ogni giocatore veniva da me per ordinarne 4 anche per i compagni, e ognuno di loro aveva quasi sempre solo pezzi da 100, io dicevo che non avevo mai il resto di 20, quindi alla fine mi lasciavano 100 e io incassavo anche 20 dollari extra”.

È da qui che nasce il business “Big Face Coffee”, chiamato così in onore del faccione (big face) di Benjamin Franklin stampato sulle banconote da 100.

Ma torniamo al presente.

Cosa fa il successo di un business di successo?

Durante un seminario incentrato su chioschi di hot dog, Gary Halbert pose questa stessa domanda.

Le risposte dei partecipanti furono varie: una buona ubicazione, hot dog e panini di qualità, la senape e il ketchup migliori in commercio, cipolla abbondante, volantinaggio mirato, personale affabile, divise che attirino l’attenzione e via dicendo.

Nonostante siano tutti elementi più o meno importanti, nessuno tra il pubblico aveva colto il segno.

Per far sì che un’impresa abbia successo era necessario avere a disposizione una folla affamata.

Un’impresa può prosperare solo se c’è una domanda effettiva da parte di una clientela disposta a pagare per il prodotto o il servizio offerto.

La storia del “Big Face Coffee” illustra come, anche con un prezzo elevato, se i clienti sono disposti a pagare, l’attività può avere successo.

Dopotutto, se nessuno compra, qual è lo scopo del vendere?

Il targeting, nel marketing, consiste nel focalizzarsi su segmenti specifici di pubblico o clientela che sono più propensi ad essere interessati ai prodotti o servizi offerti dall’impresa. Questa strategia si basa sulla consapevolezza che non tutti i consumatori sono uguali e che ciascun micro-gruppo (o segmento) ha bisogni, preferenze e comportamenti di acquisto diversi dall’altro.

Una tazza di caffè da 20 dollari per un normale civile potrà essere uno scandalo, mentre risulteranno pochi spiccioli per chi può permettersela, come i compagni di squadra e gli avversari di Jimmy – che, come Jimmy sapeva bene, vanno in giro con sole banconote da 100.

Quando si parla di successo aziendale, il targeting svolge un ruolo cruciale. Concentrarsi su un pubblico specifico consente all’impresa di adattare i suoi prodotti, i messaggi di marketing e le strategie di comunicazione in modo da soddisfare al meglio le esigenze e le preferenze di quel determinato segmento di clientela.

Attraverso una corretta identificazione e definizione dei segmenti di target, l’impresa può personalizzare le proprie offerte, creare messaggi persuasivi e utilizzare canali di comunicazione mirati per raggiungere in modo efficace un pubblico specifico. Questo può comportare un aumento dell’efficacia delle attività di marketing, una maggiore rilevanza del messaggio e una migliore conversione delle vendite.

Il targeting consente all’impresa di ottimizzare l’utilizzo delle risorse, focalizzando gli sforzi su segmenti di clientela più promettenti e più inclini ad acquistare. L’errore che si fa spesso è cercare di raggiungere tutti indiscriminatamente.

L’idea comune è che più è grande la rete che si lancia, più pesci rimarranno intrappolati. Ma non è così.

Un detto dice “Il mare è pieno di pesci”, ma alcuni – deliziosi – sono troppo piccoli per rimanere intrappolati nella tua rete e altri non sono adatti da cucinare e servire al tuo buffet di mare. Se li catturassi tutti dovresti metterti a fare una scrematura infinita che porta via l’elemento più prezioso che hai: il tempo.

Invece di cercare di raggiungere ogni essere vivente pagante e non pagante sul globo terrestre, concentrati sul pubblico che ha maggiori probabilità di mostrare interesse verso il tuo prodotto o il tuo servizio e di effettuare acquisti.

Mira prima di gettare la rete.

E usa la rete giusta.

Il targeting, inoltre, aiuta l’impresa a differenziarsi dai concorrenti. Concentrandosi su segmenti specifici, puoi offrire un’esperienza più personalizzata e rilevante per i clienti, creando un vantaggio competitivo.

Quando l’impresa comprende le esigenze e le preferenze del proprio pubblico di riferimento, può sviluppare offerte uniche e posizionarsi in modo distintivo nel mercato.

Se mi dicessi “Sì, ma Jimmy Butler è famoso e ricco in mezzi ai ricchi, è avvantaggiato”, in parte ti darei ragione. Prendiamo in considerazione solo un attimo l’halo effect.

Per una qualche assurda proprietà matematica, si pensa che un personaggio già famoso riesca a trasformare in oro tutto ciò con cui entra in contatto. Essere famosi ed avere un capitale dalla propria parte è senz’altro un grande vantaggio, significa avere un trampolino sempre teso e pronto a rilanciarti ad ogni caduta, ma la riuscita di un business non dipende solo da questo.

Nonostante la fama e il successo di una persona, infatti, le sue iniziative imprenditoriali possono ancora fallire se non viene identificato correttamente il pubblico di riferimento, non vengono adattate le offerte e non viene fornito un valore reale ai clienti.

La fama e la notorietà di una persona influente possono certamente avere un impatto positivo sul successo di un marchio. Quando un personaggio famoso avvia un’attività, può sfruttare la propria immagine e il proprio seguito per ottenere una maggiore attenzione e interesse da parte dei consumatori. La reputazione e l’ammirazione che le persone hanno per una determinata celebrità possono riflettersi sul suo marchio e influenzare le loro scelte.

Tuttavia, se Jimmy Butler non fosse stato famoso, ciò non significa automaticamente che il suo brand di caffè non avrebbe avuto successo.

Avrebbe avuto una clientela diversa? Molto probabilmente sì. Anche se, l’industria del caffè è altamente competitiva e richiede una differenziazione efficace e un posizionamento ben saldo per emergere.

Mentre la fama di Jimmy Butler avrebbe potuto fornire un vantaggio iniziale al suo brand in termini di visibilità, il successo finale dipende da altri fattori, come l’affinità con il pubblico di riferimento, la qualità del prodotto, la strategia di marketing e l’accoglienza da parte dei consumatori.

Per chiudere il cerchio, in questa storia, quali sono quindi gli elementi chiave che devi considerare per la tua prossima campagna marketing?

  • Targeting efficace
  • Offerte personalizzate
  • Posizionamento

La storia del “Big Face Coffee” di Jimmy Butler ci dimostra inequivocabilmente che comprendere a fondo il pubblico di riferimento, adattare l’offerta e fornire un valore reale ai clienti sono i pilastri fondamentali di una strategia di marketing vincente.

Non importa la tua posizione sul palcoscenico, ma l’attenzione mirata alle esigenze dei clienti e l’adozione di approcci strategici specifici sono ciò che consente alle aziende di prosperare.

Targeting? Halo effect? Posizionamento? Strategia di marketing? Valore aggiunto?

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Cosimo

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